Nella Casaleggiocrazia il voto non è segreto

Nella Casaleggiocrazia il voto non è segreto

Nel segreto dell'urna Dio ti vede. E Casaleggio pure. Stalin, per fortuna, al momento non è pervenuto. Sì, quando i grillini parlavano di trasparenza, evidentemente, noi non li prendevamo abbastanza sul serio. Ora il concetto chiave della trasparenza pentastellata è nitido: loro possono vedere tutto dei loro sostenitori e i loro sostenitori pochissimo di loro. Ma per «tutto» intendiamo proprio «tutto». E cade uno dei capisaldi della democrazia per come la abbiamo conosciuta sino a oggi: la segretezza del voto. Nel mondo di Di Maio e soci anche il voto è trasparente, nel senso che i papaveri del partito possono ficcare il naso nelle urne virtuali e sbirciare gli elettori. Lo ha rivelato ieri il Foglio: i legali della Casaleggio associati - convocati dal garante della privacy per il furto dei dati alla piattaforma Rousseau subito la scorsa estate - hanno candidamente ammesso che possono collegare il voto espresso dagli iscritti alla loro identità. In parole povere: sanno chi ha votato chi. Conoscono (almeno) nome, cognome e mail di chi ha scelto un determinato candidato o una certa proposta di legge. Una falla grossa come una casa che fa precipitare il mito della democrazia diretta. E poi si delinea un paradosso: a più di due settimane da queste benedette parlamentarie non è stato ancora dato con esattezza né il numero dei votanti e neppure i risultati completi delle consultazioni on line. In compenso alla Casaleggio Associati sanno vita, morte, miracoli e codice fiscale di chi ha cliccato sulla loro piattaforma. Ma - guarda te! - non riescono a fornire il numero preciso degli elettori e delle preferenze. Allora delle due l'una: o i geni informatici a Cinque Stelle non sanno nemmeno contare e allora mettessero da parte i pc e si comprassero un abaco oppure stanno prendendo tutti per il naso: l'opinione pubblica e, soprattutto, i loro stessi militanti ed elettori. Si potrebbe declassare tutto a una bega di partito, interna ai Cinque Stelle.

Se non fosse che la democrazia diretta è la ragione sociale del Movimento stesso e pensare cosa potrebbe succedere con una votazione politica nazionale gestita in questo modo fa venire i brividi. Non sarebbe una democrazia. Al massimo una Casaleggiocrazia.

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