
Roma - Partita chiusa, diceva soltanto l'altra sera Maria Elena Boschi: «La legge è giusta ma non ci sono i numeri. Appuntamento alla prossima legislatura, quando il Pd avrà una maggioranza più ampia». E invece no, la corregge il giorno dopo un altro renziano doc come Graziano Delrio: «L'autunno è appena cominciato e l'inverno è lontano. Per me c'è ancora tempo». Pietro Grasso, presidente del Senato, gli dà ragione: «Io dico solo che abbiamo fatto una lotta per il codice antimafia e l'abbiamo vinta. Perché non possiamo farcela anche con lo ius soli?».
Senza scomodare Antonio Gramsci, divisa comunque tra ottimismo della volontà e pessimismo della ragione, la sinistra italiana si separa sulla nuova cittadinanza. Qualcuno, l'ala governativa, si rende conto del suo alto grado di impopolarità in questo momento storico, oltre che della certa mancanza dei voti a Palazzo Madama, e vuole rimandare il problema. Altri ne fanno invece una bandiera irrinunciabile, quasi una cartina di tornasole, una discriminante questione di dna: per essere, appunto, davvero di sinistra, ti devi battere per lo ius soli. Altrimenti sei un'altra cosa. «Adesso o mai più. Una sinistra che rinuncia a lottare per le sue idee è morta», sentenzia Pierluigi Bersani, cercando di mettere in imbarazzo il Pd.
Per questo motivo pure i più tiepidi e pragmatici nel governo e nella maggioranza si guardano bene dall'affossare pubblicamente la legge. Matteo Renzi continua a considerarla un obbiettivo da raggiungere, prima o poi, però guarda i sondaggi e forse si è sentito sollevato quando Angelino Alfano ha annunciato il no del suo partito. Quanto a Paolo Gentiloni, la sua posizione sull'argomento è nota: nei prossimi giorni sarà impegnato con il pallottoliere per vedere se la prossima Finanziaria riuscirà a passare o se l'Italia dovrà ricorrere all'esercizio provvisorio di bilancio. L'attenzione del premier è tutta sulla manovra, la cittadinanza è soltanto un disturbo.
Però nemmeno lui può permettersi di sminuirla, così ha solo rimandato il dossier. Ed è quello a cui si attacca Delrio. «Era stato valutato di porre la fiducia, poi Gentiloni ha stabilito che fosse opportuno rinviare i tempi. In autunno faremo una valutazione. Ora serve portare avanti la nostra voce con una campagna sui diritti. Gli italiani sono ancora favorevoli alla legge, l'opinione pubblica non ascolta chi grida più forte». Il ministro per le Infrastrutture punta dunque al voto di coscienza. «I partiti non devono dare ordini perché si tratta di diritti. Con tutto il rispetto per Ap e il Movimento 5 stelle - osserva - mi sembra assai complicato astenersi su un tema che riguarda i diritti dei cittadini. Spero che se ne possa presto discutere serenamente».
Grasso è pronto ad «aprire una finestra» per calendarizzare lo ius soli. «Da presidente del Senato - sottolinea - devo essere super partes, però ero e sono rimasto un ragazzo di sinistra.
Come possiamo pensare che avremo problemi a combattere la disuguaglianza sociale o a far passare leggi come questa? Non rinunciamo anticipatamente alle nostre posizioni e ai nostri principi. Poi io non sono un idealista, bisogna cercare i voti, occorre prima mettere in sicurezza i conti pubblici, ma sono fiducioso che, dopo la legge di bilancio, lo ius soli si possa approvare».