Nell'ultimo blitz manca l'aggravante. E la «discontinuità» può impedire lo scioglimento

Patricia Tagliaferri

RomaC'è una scialuppa di salvataggio per il sindaco Marino nelle mille pagine che gli ispettori hanno consegnato ieri al prefetto di Roma. Una scialuppa che potrebbe tenere a galla la «discontinuità». È uno degli elementi più importanti che dovranno essere valutati da Franco Gabrielli per decidere se raccomandare o meno lo scioglimento del Comune: l'organizzazione di Buzzi e Carminati ha continuato a godere di corsie privilegiate (e illegali) con la giunta Marino come le ebbe, secondo i magistrati, durante l'amministrazione Alemanno? A leggere le carte dell'inchiesta sembrerebbe di sì. Ci sono migliaia di intercettazioni che testimoniano contatti di Buzzi e i suoi con esponenti della nuova amministrazione comunale, basti ricordare la nota frase del ras delle cooperative - «Se Marino resta altri tre anni e mezzo ci mangiamo Roma» - che, secondo il Ros, fa «trasparire tutta l'arroganza e la consapevolezza criminale del citato imprenditore». Del resto, la fase due dell'operazione «Mondo di mezzo» è culminata con l'arresto di quattro consiglieri comunali in carica e dell'ex assessore di Marino alla Casa, Daniele Ozzimo, che lasciò l'incarico dopo la prima tornata di manette. Eppure. Eppure i pm per qualche motivo che non traspare immediatamente dalle decine di migliaia di pagine dell'inchiesta, in questo round non hanno contestato ai politici capitolini arrestati l'aggravante mafiosa.

Potrebbe essere questa la «discontinuità» cui appigliare una decisione favorevole al sindaco chirurgo. Gabrielli ha fatto sapere che si prenderà tutti e 45 i giorni di tempo concessi per scrivere le conclusioni da inviare al Viminale. Un periodo durante il quale potrebbe succedere di tutto, inclusi nuovi sviluppi dell'inchiesta che aggravino la posizione dell'attuale giunta. E Renzi potrebbe non voler correre questo rischio. Intanto, dai nuovi verbali di interrogatorio degli arrestati, emergono dichiarazioni che sembrano però confermare la continuità nell'influenza di Buzzi e coop sull'amministrazione. Il consigliere Pd Pierpaolo Pedetti ad esempio, parlando dell'alienazione degli immobili comunali che interessava Buzzi, ammette «pressioni fortissime per approvare questa delibera, che non condividevo». Più che su Marino, Pedetti punta il dito sul vicesindaco Sel Luigi Nieri: «Aveva fatto una cosa un po' proprio... ripresa quella di Alemanno a piè pari e va beh, che insomma la potevamo pure un po' cambià visto che eravamo di centrosinistra». E Francesco Ferrara, della coop Domus Caritatis, pur negando illeciti conferma il rapporto costante tra imprenditori del sociale e politici del Campidoglio: «Chiunque lavora col Comune ce l'ha», spiega, perché «soprattutto durante le elezioni vengono e ti dicono “va beh, me dai qualche voto? M'aiuti? Me fai?”».

Infine Ozzimo, sul piano di chiusura dei residence per l'emergenza abitativa, ammette coi pm che era richiesto «mantenere anche un certo grado di ambiguità» con gli imprenditori che sui residence «ci hanno mangiato riccamente per decenni». Per «tranquillizzarli».

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