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Nessun condono ai no vax. "Le multe? Solo rinviate"

Il governo prende tempo sulle sanzioni. E sulla commissione Covid il Pd teme una trappola

Nessun condono ai no vax. "Le multe? Solo rinviate"

«La commissione d'inchiesta sul Covid non sarà un assist ai No Vax. L'obiettivo non è mettere in discussione misure come il lockdown, il green pass o l'obbligo vaccinale ma di fare chiarezza sull'operato del governo di Giuseppe Conte, la mancata applicazione del piano pandemico, i traffici sulle mascherine e i respiratori». Al Giornale un deputato di lungo corso confessa i suoi timori dopo le polemiche sull'indagine conoscitiva della gestione dell'emergenza Covid, benedetta dal neoministro della Salute Orazio Schillaci («Giusto dare un segnale ai malati che i soldi pubblici vengono spesi in modo corretto», ha detto ieri). Si parte dalla proposta presentata dal deputato Galeazzo Bignami, uno dei primi politici a occuparsi dello scandalo mascherine e della mancata chiusura della zona rossa di Alzano e Nembro che ha acceso i riflettori della Procura di Bergamo e l'indagine per epidemia colposa e omicidio colposo, che fonti vicine ai pm danno vicinissima alla chiusura. L'opposizione sbraita perché in queste ore è circolata l'ipotesi di una sorta di «condono» a firma leghista per le multe di 100 euro per gli over 50 che prima del 15 giugno 2022 non risultavano in regola con gli obblighi vaccinali sul Covid. «Annullate no, c'è la proposta del ministero di rinviare l'invio delle multe ai No Vax, perché non sono in grado di inviarle per questioni tecniche, ma attendiamo il testo dal ministero», rivela il ministro per i rapporti col Parlamento Luca Ciriani.

L'ipotesi che a guidare la commissione possa essere un esponente dell'opposizione circola con sempre più insistenza. Per Azione-Italia viva ieri si è mosso il capogruppo alla Camera Matteo Richetti: «Potrà aiutare a fare chiarezza, ma vanno evitate strumentalizzazioni che rischiano di generare in anticipo vittime e carnefici», ha avvertito. Nel risiko delle commissioni Matteo Renzi non fa mistero di puntare sulla Vigilanza Rai, ma la poltrona della commissione sul Covid lo attrae. «Bisogna far emergere le troppe zone grigie della gestione, soprattutto sull'acquisto di mascherine e respiratori», aveva detto in aula il leader di Italia viva, rispondendo alla premier. «Facciamola, la commissione Covid, vedremo anche se ci sono delle responsabilità giudiziarie, anche nell'amministrazione di alcune regioni - dice l'ex ministro Pd Francesco Boccia - ma non consentiremo che si infanghi la memoria di tanti servitori dello Stato», avverte il dem, che lavora assieme a Enrico Letta per ricucire gli strappi nell'opposizione «senza inseguire nessuno».

Una velleità seriamente minacciata dalle inchieste giudiziarie sulle mascherine aperte a Roma, Gorizia e Forlì che puntano al cerchio magico intorno all'ex premier Giuseppe Conte, in primis il commissario all'emergenza Domenico Arcuri ma anche il socio di Conte Luca Di Donna. Conte, che aveva la delega ai Servizi, spostò alcuni 007 alla Protezione civile per evitare le truffe ma invano. Come ha scritto il Giornale nei mesi scorsi, ad aprile 2020 la direzione delle Dogane era informata dei certificati falsi, tanto che alcuni dirigenti stilarono un elenco di imprese cinesi «affidabili». Arcuri dirottò i suoi acquisti su altre società e le «sue» mascherine furono sdoganate grazie a un'interpretazione generosa di un articolo dei troppi decreti di Conte.

C'è il tema del mancato piano pandemico, la cui mancata applicazione potrebbe aver inciso sul numero dei morti, quasi 180mila nonostante misure più che restrittive. «È mancata completamente la strategia di approfondimento da quando si è rinunciato a fare le autopsie nei pazienti Covid», ricorda il virologo milanese Massimo Clementi, direttore del Laboratorio di microbiologia e virologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Chi l'ha deciso? E perché? Domande da girare al ministro della Salute Roberto Speranza, che secondo le carte in mano ai pm di Bergamo brigò col suo capo di gabinetto di allora per insabbiare il report Oms che inchiodava l'Italia sulla gestione del Covid scritto dal ricercatore Francesco Zambon.

Poi ritrovato, non senza difficoltà, dal consulente dei legali delle vittime della Bergamasca Robert Lingard e diventato testata d'angolo dell'inchiesta.

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