Cronaca locale

"Niente Cassazione, voglio l'ergastolo"

Antonio De Marco uccise i due fidanzati con 79 coltellate. Ora il killer rinuncia al ricorso

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Antonio De Marco rinuncia al ricorso in Cassazione e resta all'ergastolo e in isolamento diurno per tre anni.

Lo studente 23enne, reo confesso di avere ucciso il 21 settembre del 2020 in un appartamento in via Montello l'arbitro leccese Daniele De Santis e la sua fidanzata Eleonora Manta con 79 coltellate perché «erano felici», ha deciso di non giocarsi l'ultima carta per uscire dal carcere a vita. In un colloquio martedì mattina con i suoi legali, gli avvocati Giovanni Bellisario e Andrea Starace, il giovane ha annunciato la sua decisione e ieri scadevano i termini per presentare ricorso. Secondo l'accusa De Marco agì in maniera lucida, consapevole e con crudeltà, mosso dall'invidia verso la felicità di quella coppia, con cui aveva vissuto per un po' come inquilino. Poi, aveva lasciato l'abitazione di proprietà dell'arbitro, che aveva scelto di convivere con la fidanzata in modo stabile.

Il 23enne si trova in prigione dal 28 settembre 2020 per rispondere di duplice omicidio, aggravato dalla premeditazione e dalla crudeltà. Il 21 settembre del 2020 massacrò con 41 colpi il corpo di Eleonora e con 38 quelli del fidanzato. «Mai vista tanta ferocia su un essere umano» aveva dichiarato in udienza il medico anatomopatologo Roberto Vaglio, che effettuò l'autopsia sui due cadaveri. Una vicina di casa della coppia e suo marito raccontarono che il giorno del delitto sentirono «rumori simili a quelli di un terremoto», minacciando di chiamare la polizia, senza avere il coraggio di aprire la porta di casa per mettere in fuga l'assassino, avendo visto quello che stava accadendo dallo spioncino. Durante i mesi di convivenza, De Marco aveva mostrato spesso aggressività nei confronti dei due fidanzati. Ma l'odio dell'universitario sarebbe cresciuto quando Daniele gli avrebbe chiesto di lasciare la casa.

Così aveva iniziato a costruire il delitto, pianificando il piano per torturare e poi uccidere i due senza lasciare tracce. «Non è colpa mia se nessuno mi ama» scriveva in quelle pagine.

Poi, dopo aver compito la mattanza, riferì agli investigatori di averlo fatto perché «erano troppo felici».

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