Coronavirus

Non c'è pace in Spagna: da Barcellona a Madrid paura per le città-icona

Il Paese sta uscendo dalla crisi, ma i due centri preoccupano. Prorogato lo stato d'emergenza

Non c'è pace in Spagna: da Barcellona a Madrid paura per le città-icona

Madrid Ancora uno sforzo in più per portare la Spagna in zona sicura e aprire al turismo. Nel suo consueto discorso di sabato al Congresso, il premier Pedro Sánchez ha annunciato, ieri pomeriggio, l'intenzione di chiedere ai trecentocinquanta deputati l'approvazione dell'ennesima proroga allo stato d'allarme dovuto alla pandemia del Covid-19.

Questa volta, però, il leader socialista punta a centralizzare tutto il potere decisionale nelle sue mani per almeno trenta giorni, non più quindici, com'è avvenuto per quattro volte consecutive dallo scorso 14 marzo. Il prossimo obiettivo, quindi, dovrebbe essere un mese di stato d'emergenza dal 25 maggio al 25 giugno, sempre che il Congresso voti «sì». Un risultato che non è tanto scontato, considerata l'ultima votazione del 9 maggio, quando l'esecutivo di Sánchez è andato in minoranza, a causa della Sinistra Repubblicana Catalana, (Erc) di Oriol Junqueras, il leader indipendentista condannato a 22 anni di carcere, che ha tolto l'appoggio al Governo. E se non fosse stato per i voti raccattati dai piccoli partiti regionali baschi e galiziani, ora Sánchez dovrebbe pensare anche alla tenuta del suo Governo, che, comunque, si sta dimostrando debole. Il premier dice che questa «sarà l'ultima». La Spagna, intanto, ha registrato «soltanto» 102 decessi per coronavirus nelle ultime 24 ore ed è l'incremento più basso da metà marzo. Il totale delle vittime dell'epidemia è 27.563, mentre i contagiati sono aumentati di 539 in un solo giorno, portandosi a 230.698 a livello nazionale. In pratica i morti diminuiscono ma i casi di contagio rimangono costanti.

Nell'ultimo Consiglio dei Ministri, l'esecutivo aveva deciso di agire in quattro fasi (da 0 a 3) per rimettere il Paese sui binari della ripartenza. Un piano, però, che varia non solo tra le 17 comunità autonome, ma anche tra le centinaia di province, tenendo conto dei dati sull'andamento dell'epidemia. Questa volta si agirà in modo più uniforme, per non creare situazioni surreali di divisioni nella stessa città.

Da domani 32 milioni di Spagnoli lasceranno la fase 0 per la 1, tra cui la Comunità Valenciana, la Castilla-La Mancha e l'Andalusia. Si allenteranno le restrizioni alla mobilità (si potrà viaggiare tra regioni della stessa fase), riapriranno musei e librerie, saracinesca su per i bar, ma non ancora per i ristoranti. Madrid e Barcellona, e le loro autonomie, rimangono, invece, ferme nella fase 0, anche se per la capitale spagnola sarà votata una disposizione speciale per farla avanzare a una fase intermedia tra 0 e 1, ribattezzata dai detrattori «fase 0,5». Questo per allentare le tensioni dei madrileni, ma soprattutto rispettare i dati positivi dell'indagine epidemiologica in atto da due settimane tra le 36 mila famiglie spagnole, per lo più concentrate della Comunità di Madrid.

Sánchez ha parlato di progressi «enormi, ma non ancora sufficienti» per il Paese che, nel momento peggiore, aveva un tasso di contagio altissimo al 3,5: un contagiato infettava quasi quattro persone al giorno.

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