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"Non ho mai tramato contro Berlusconi. Ora vi svelo la verità"

L'ex ministro Tremonti ripercorre i giorni della caduta del governo Berlusconi: "Tre prove mi scagionano..."

"Non ho mai tramato contro Berlusconi. Ora vi svelo la verità"

«Lo scoop mi ha fatto molto piacere perché mi permette per la prima volta di fare chiarezza su questo caso. Si parla di due ministri traditori del governo Berlusconi. Ammesso che uno fossi io, non sarei il solo colpevole, ma dimostrerò che sono assolutamente estraneo». Il senatore Giulio Tremonti, ministro dell'Economia dell'epoca, sottolinea al Giornale come le manovre e i dossieraggi contro Silvio Berlusconi dimostrino in modo assoluto come all'interno di quell'esecutivo qualcuno, non Tremonti, complottasse contro il governo.

Senatore, non parlò mai di quei fatti con l'ambasciata?

«Un vero ministro del Tesoro utilizza le proprie linee telefoniche per parlare direttamente con il segretario al Tesoro Usa o con il Fondo monetario internazionale, nella fattispecie con Geithner e Lagarde con cui avevo frequenti conversazioni. Chi usa questo canale non ha bisogno di passare, con tutto il rispetto, dal canale secondario dell'ambasciata».

Lei, dunque, non mise in dubbio i contenuti del decreto sulla manovra correttiva 2011?

«Chiunque conosca minimamente l'etica sa che non si può dire una cosa e farne un'altra. Se firmi un decreto e lo sostieni in tutte le sedi, non vai in separata sede a parlarne male, si perde automaticamente credibilità. Chi ha fatto questo, pur essendo ministro, non temeva l'accusa di contraddizione e di slealtà. Poi c'è una terza prova semantica...»

Quale?

«Le affermazioni il quadro macroeconomico è troppo ottimistico, la spirale recessiva e la manovra è troppo sbilanciata dal lato delle entrate sono lessico da economisti. Ed è un lessico che non mi appartiene e non mi appassiona dunque l'impronta lessicale porta da altre parti».

Come si dipanò allora il complotto, secondo lei?

«Nel mio ultimo libro Rinascimento c'è la cronologia dei fatti. Il 31 maggio 2011 nelle ultime Considerazioni finali di Draghi da governatore della Banca d'Italia si lodava la prudente gestione della spesa, le correzioni inferiori a quelle richieste agli altri Paesi. Il 21 luglio la Commissione Ue approvò le misure di bilancio. Dunque sono stati tre anni di gestione prudente perché il governo, del quale sono onorato di aver fatto parte, è stato sostenuto in Parlamento dal presidente del Consiglio».

Lei come si adoperò?

«Gestire il terzo debito pubblico del mondo senza essere la terza economia del mondo nella crisi più grave del secolo è un'esperienza che ti prova duramente e che richiede grande forza. Basta leggere il libro del 2014 dell'ex premier spagnolo Zapatero, El dilema, nel quale si sottolinea come nel vertice di Cannes del 2011 Obama prese le difese dell'Italia impedendo che Merkel e Sarkozy la commissariassero. Sono parole di grande apprezzamento, poi per inciso si riconosce che dopo che Tremonti parlò con Geithner Obama disse: Silvio is right».

Perché fu assente al voto sul rendiconto 2010 dove il governo Berlusconi perse la maggioranza?

«Il voto importante c'era già stato sul bilancio, non ho mai votato il rendiconto, è un adempimento poco rilevante. Ero al lavoro al ministero ma quando mi avvertirono dell'uscita dalla maggioranza di un gruppo di parlamentari mi precipitai alla Camera. Mentre ero in Piazza Montecitorio mi chiamò la batteria del Viminale per conto del Quirinale, i tabulati sono a disposizione di chiunque ma anche la memoria del mio telefonino. Mi passarono il presidente Napolitano che era con i presidenti di Camera e Senato che si lamentavano per i tagli agli organi costituzionali. Chiusa la telefonata, entrai in Aula nel momento in cui si chiuse la votazione. Se avessi voluto complottare, quanto meno non mi sarei fatto vedere.

Ma c'era anche Bossi?

«Se c'è uno che è stato sempre fedele e non ha mai complottato, è stato Umberto Bossi, alleato leale di Berlusconi. Era alla buvette e avrebbe votato se avesse saputo».

Si ipotizzò un governo Tremonti con Grilli al Tesoro e Milanese ai Servizi.

«Per quanto il presidente Napolitano fosse spregiudicatamente attivo, dubito che avrebbe proposto quei nomi».

Ma il complotto era interno o esterno?

«Il complotto inizia con la lettera della Bce, preparai in sette giorni il decreto legge che anticipava il pareggio di bilancio. Il Financial times lo definì perfect. Se avessi voluto mandare a fondo la nave, avrei affidato l'attività al gruppo dei volenterosi, traditori compresi, che con gli emendamenti di maggioranza ridussero la forza di quel decreto non comprendendo la drammaticità del momento».

Perché il decreto sviluppo non fu presentato al vertice di Cannes?

«Lo bocciò Napolitano perché troppo articolato e spezzettato e dunque oggetto non possibile di un decreto. La stessa autorità ha cambiato giurisprudenza con i governi successivi. Sarebbe stato inserito con un emendamento in un decreto e convertito entro pochi giorni.

Anche se il decreto fosse passato, il plotone di esecuzione era già pronto».

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