Politica

Ma non possiamo permetterci di tagliare i ponti del mediterraneo

"Per 10mila euro di pesce rischiamo che arrivino decine di migliaia di migranti se rompiamo con la Guardia costiera di Tripoli", spiega una fonte del Giornale che conosce bene cosa è accaduto ieri al largo della Libia.

Ma non possiamo permetterci di tagliare i ponti del mediterraneo

"Per 10mila euro di pesce rischiamo che arrivino decine di migliaia di migranti se rompiamo con la Guardia costiera di Tripoli", spiega una fonte del Giornale che conosce bene cosa è accaduto ieri al largo della Libia.
Il ferimento del comandante di un peschereccio italiano per gli spari arrivati da una delle vecchie motovedette grigie della Guardia di Finanza regalate ai libici è inaccettabile. Però bisogna anche ricordare che i pescatori di Mazara del Vallo si sono spinti troppo vicino alle acque territoriali di Tripoli nonostante gli avvertimenti della nostra Marina militare che era stata informata della possibile reazione. Un annoso problema sulla decisione unilaterale libica di allargare a dismisura la zona di pesca esclusiva fin dai tempi di Gheddafi.
Adesso che il ferito è in salvo, bisogna fare di tutto per evitare che la prossima volta ci scappi il morto. Un Paese come l'Italia, non proprio l'ultima ruota del carro nel Mediterraneo, deve essere netto e deciso con il nuovo governo di Tripoli e tenere a bada i pescatori siciliani, che talvolta, seppure per mangiare, si spingono troppo oltre provocando piccoli terremoti geopolitici.
È il momento di dimostrare fermezza e allo stesso tempo di tenere i nervi saldi in nome della realpolitik senza perdere la bussola per le zuffe politiche interne. La sinistra ultrà e il Pd hanno già lanciato il siluro alla Guardia costiera libica, chiedendo di interrompere addestramento, aiuti e le consegne previste di nuove motovedette. Ma possiamo veramente permettercelo, con la Turchia che ci fa già le scarpe in Libia, e in vista di un'estate di passione per l'ondata prevista di migranti?
Le avvisaglie non lasciano dubbi e i numeri parlano chiaro. Da gennaio sono già sbarcati in Italia 10.708 migranti, quasi tre volte tanto lo scorso anno per non parlare del 2019. La Guardia costiera libica ne ha intercettati 6.614, compresi i 650 solo nell'ultimo fine settimana, quando erano partiti in 72 ore 2mila persone. Siamo in grado di abbandonare per rappresaglia la Marina di Tripoli, che quest'estate rimarrebbe ormeggiata di fronte alle partenze dei gommoni? Se la politica vuole farlo, ha un'occasione a portata di mano con il rinnovo in Parlamento delle missioni all'estero entro luglio. L'operazione Miasit prevede espressamente «assistenza e supporto addestrativi e di mentoring alle forze di sicurezza libiche per le attività di controllo e contrasto dell'immigrazione illegale». E per di più «attività per il ripristino dell'efficienza dei principali assetti terrestri, navali e aerei, comprese le relative infrastrutture, funzionali allo sviluppo della capacità libica di controllo del territorio e al supporto per il contrasto dell'immigrazione illegale».
L'ultimo voto dello scorso anno aveva previsto uno stanziamento di 58 milioni di euro per la missione libica. Dieci milioni vanno all'assistenza e supporto della Guardia costiera, compresa la consegna di almeno una motovedetta nuova di zecca. Se le forze politiche pensano sia giusto depennare gli aiuti dopo che i libici hanno sparato, che lo facciano alzando la mano in Parlamento, ma poi si preparino allo sbarco del 60% di migranti in più. E soprattutto a perdere la Libia lasciandola all'abbraccio dei turchi, proprio ora che ex gheddafiani, disponibili nei confronti dell'Italia, hanno il potere a Tripoli.

Non è il teatrino della politica che si agita attorno al proprio ombelico, ma realpolitik in nome degli interessi nazionali nel Mare nostrum.

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