Coronavirus

Non solo numeri

Il pugile dal cuore grande, il panettiere del sorriso e i consuoceri insieme fino alla fine

Non solo numeri

Angelo, detto Alì, sembrava imbattibile come Cassius Clay, nella vita come sul ring. Aveva il pugno pesante e il cuore grande. Era stato un bel pugile negli anni Ottanta, 29 vittorie, 3 sconfitte e 2 pari, dice il tabellino, era stato campione italiano, europeo ed intercontinentale. Si battè anche per un mondiale Wbc nel febbraio 1987 nella sua Bergamo, nei massimi leggeri contro il portoricano Carlos «Sugar» De Leon. Andò male ma per un soffio. Angelo Rottoli, 61 anni, ragazzo di Presezzo, era ricoverato al Policlinico di Ponte San Pietro, e la vita gli aveva appena piazzato un uno-due di quelli che stroncano: due settimane fa aveva perso la madre e il fratello, uccisi, come lui dal Covid-19. «Angelo è stato un gigante guascone, play boy, pieno di energia, sregolato, ruvido in certi atteggiamenti ma anche dotato di impagabile ironia» lo ricorda un post su facebook. E il giornalista Pier Carlo Capozzi che gli fu amico: «Parlare con te di boxe, di donne, di Atalanta e di altro ancora era uno spasso. Adoravi la tua mamma e non potevi lasciarla sola, mettiamola così. Un abbraccio, Alì. Questo virus bastardo ti ha sconfitto solo scorrettamente, con un gancio sotto la cintura. Il guaio è che non concederà la rivincita».

Uno sportivone era anche Paolo d'Ercole, 69 anni compiuti lo scorso novembre, un passato tra i pali con i guantoni da portiere poi passati al figlio Luca, come se fosse un pezzo di lui. Paolone, come lo chiamavano gli amici, aveva lavorato una vita nell'Aamps, l'azienda che gestisce lo smaltimento dei rifiuti, lascia la moglie Letizia, i figli e i nipoti. «Ciao Zio - il ricordo del nipote Alessandro su facebook - L'unico vero gol subito è stato l'ultimo, nessuno poteva segnare se in porta c'eri te. Difendici da lassù come difendevi la tua porta. So che lo farai. Ti voglio bene».

Ci sono poi storie che si incrociano come le trame del caso, ma con uno stesso amaro finale. Come quelle di Alberto Giuntini, 84 anni, e Alessandro Piccini, 82. Alberto era stato direttore della ex Cassa Rurale e Artigiana di Signa, a Firenze, aveva dedicato molto di sé alla ricostruzione della città dopo l'alluvione del 1966. Alessandro invece aveva fondato il suolificio Magonio, creato a Malmantile e oggi attivo a Camaioni. I loro figli si erano incontrati, innamorati e sposati, così Alessandro e Gilberto erano diventati consuoceri e amici. Passavano i pomeriggi a chiacchierare e giocare a carte, forse proprio lì, nelle loro abitudini di tutti i giorni, era nascosto l'assassino che li ha portati via entrambi, lo stesso giorno. «Li ricordo entrambi con enorme affetto racconta alla Nazione l'amico Beppe Sono persone che hanno segnato la storia del paese, addolora non averli potuti salutare».

Valeria invece è stata trovata morta nel suo appartamento. Aveva 41 anni, viveva a Castelverde, in provincia di Cremona, da qualche giorno aveva febbre e tosse insistente, per questo si era messa in autoisolamento: sospettava, e non a torto, che l'assassino le fosse entrato in casa. Il fratello era passato per chiederle se aveva bisogno di qualcosa, ma lei ormai non c'era più. Era direttrice dell'agenzia Bnl di Manerbio in provincia di Brescia e la conoscevano tutti. Era amata e benvoluta da amici e parenti. E il sorriso non le mancava mai. Così come non mancava a Giancarlo «Titti» Rava, 76 anni compiuti da un paio di settimane. A Masnate di Lenno lo conoscevano tutti: era il panettiere del paese, quello che non conosceva ferie o vacanze. Lavorava da più di mezzo secolo a sfornare michette e rosette, insieme alla moglie Antonia, e ai figli diventati grandi, Michele e Ivan. Era innamorato della Juventus, della Bocciofila Lennese di cui era presidente, dopo aver guidato la Canottieri Lenno, e non si tirava mai indietro se c'era da dare una mano a chi aveva bisogno che fossero uomini, asili, scuole o associazioni. Se n'è andato nel cuore della notte all'ospedale Sant'Anna di Como. Nelle stesse ore in cui si svegliava per sfornare il pane.

Puntuale come la morte.

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