La Cgil da troppo tempo non è più quella di una volta. Non indossa una tuta blu; i metalmeccanici sono diventati giorno dopo giorno marginali; i pensionati invecchiano; il Novecento è finito da un quarto di secolo e l'ultimo segretario generale si sente un leader politico in attesa di una grande occasione. È così che come fronte ideologico il sindacato fondato da Giuseppe Di Vittorio si è messo la Kefiah, con l'idea di coinvolgere la gioventù "pro pal", riscoprire una vocazione anti occidentale e aprire le porte della società post industriale al "partito islamico".
Il calcolo dal punto di vista demografico non è neppure sbagliato: dove andare a cercare nuovi iscritti? Nella popolazione che cresce, quella che fa figli e che spesso lavora nei settori meno specializzati, come nei poli della logistica di Piacenza o della bergamasca. Il progetto non è solo sindacale. È una raccolta di voti che nella testa di Maurizio Landini può diventare il trampolino di lancio di una nuova sinistra, quella che mette insieme il vecchio carrozzone chiamato Pd, la rete antagonista con la patente (e l'alibi) della protesta permanente antifascista e il movimento popolare degli imam. Il punto debole di questo ragionamento è che gli islamici sono parecchio reazionari. Il loro orizzonte è Dio, patria (lasciata alle spalle) e famiglia.
L'anello di congiunzione tra Cgil e il partito islamico è la formazione. Il progetto che si chiama "Scuola di pace". È rivolto non soltanto agli studenti, ma si preoccupa di formare docenti e collaboratori scolastici. I corsi parlano esplicitamente di educazione alla cultura islamica. Obiettivo: integrazione interculturale. La Scuola di Pace si colloca esattamente in questo snodo. Formalmente è formazione. Educazione civica. Pedagogia costituzionale. Nella sostanza è un dispositivo culturale. Serve a costruire un linguaggio comune, una cornice morale, una narrazione condivisa. La pace, in questo schema, non è un valore neutro. È una posizione politica. Lo è sempre stata. Chi finge il contrario mente o si racconta una favola.
La Camera del Lavoro di Sanremo ha organizzato un corso dal titolo "Conosci l'Islam", con lo scopo di informare su "aspetti sociali, giuridici e culturali legati all'Islam, ai prodotti halal, alle discriminazioni nei confronti dei lavoratori musulmani e alla conoscenza reciproca. Non c'è nulla di illegittimo o di illegale. È solo la Cgil che cambia pelle. C'è stato, il 4 novembre, perfino uno scontro con il ministero della pubblica istruzione. Il caso del corso "La scuola non si arruola" ritirato dalla piattaforma ministeriale diventa allora un perfetto detonatore simbolico. Da un lato il sindacato denuncia la censura, invoca l'articolo 11 della Costituzione, rivendica la libertà di insegnamento. Argomenti solidi, difficili da liquidare con superficialità. Dall'altro lato, però, emerge una questione più profonda: chi decide cosa è educazione alla pace e cosa diventa propaganda? Chi stabilisce il confine tra pensiero critico e narrazione unica, proprio quella che si dice di voler combattere? Il dubbio è che la Cgil in questo caso si muova con la strategia di formare gli insegnanti in una logica "tardo gramsciana". È la nuova casamatta da riempire non più con i principi della lotta di classe ma con l'antagonismo. È una nuova frontiera. Il compagno di strada in questa storia è un vecchio amico del sindacato, una costola specializzata nella formazione e da sempre impegnato nella preparazione ai concorsi per docenti. Il nome evoca il dio greco della metamorfosi, il dio dalle mille facce e sembra quasi lo specchio delle mutazioni Cgil. L'associazione è "Proteo Fare Sapere" e lavora a stretto contatto con la federazione scuola della Cgil. Sono stati bravi a prendere anche i fondi del Pnrr, come è successo con la piattaforma di e-learning per 120 ore di corso e 12 moduli didattici per la preparazione ai concorsi della scuola secondaria. Il prezzo è di 120 euro per tutti e di 60 per i tesserati Cgil. Il progetto "La scuola non si arruola" lo hanno pensato e scritto insieme al sindacato. Quando è stato "bocciato" i primi a insorgere sono stati i sindacalisti di Piacenza. Non è un caso. Lì esiste già una forma embrionale di sindacato islamico, capace di mobilitazione, di conflitto, di pressione politica. Un sindacato che parla un linguaggio diverso da quello classico della sinistra italiana, ma che ne condivide una parte dell'armamentario ideologico: l'antimilitarismo, l'antiamericanismo, una diffidenza strutturale verso l'Occidente. È su questo terreno che l'incontro diventa possibile. Non sui diritti civili, non sull'emancipazione individuale, ma sulla critica al sistema. La Scuola di Pace, allora, diventa laboratorio politico.
Un luogo in cui si prova a costruire una nuova egemonia culturale, adattata a un mondo in cui la classe operaia non esiste più e il conflitto si è spostato altrove. Il problema non è se sia legittimo farlo. Lo è. Quella che non torna è la scelta, strumentale, di vendere il futuro della Cgil all'Islam politico e radicale. Tutto questo per un pugno di voti.