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"Non veniamo a fare chiacchiere". La verifica di Conte parte in salita

I 5 Stelle hanno già incontrato il premier: "No al rimpasto". Il Pd avverte Giuseppi: "Adesso dobbiamo uscire dallo stallo". I dem mettono le cose in chiaro: "Se c'è crisi si torna al voto"

"Non veniamo a fare chiacchiere". La verifica di Conte parte in salita

È partita oggi pomeriggio la verifica di governo per constatare se ci sono o meno i presupposti per proseguire con l'esperienza giallorossa. Il premier Giuseppe Conte nei giorni scorsi aveva annunciato che a breve avrebbe avviato una fase di consultazione con le forze che lo sostengono per tentare di tranquillizzare gli animi e trovare una sintesi comune in grado di placare gli scontri che si sono infiammati in merito alla gestione dei progetti del Recovery Fund. Prima incontrerà le singole forze politiche e poi riunirà i capi della coalizione per fare il punto della situazione. Domani, martedì 15 dicembre, alle 13 sarà il turno di Italia Viva; a chiudere il giro di incontri sarà Liberi e uguali alle ore 19.

Verso le 16:30 la delegazione del Movimento 5 Stelle è entrata a Palazzo Chigi per una conversazione con il presidente del Consiglio. A rappresentare i grillini sono il capo politico Vito Crimi, il capodelegazione Alfonso Bonafede, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio, il ministro per lo Sviluppo Economico Stefano Patuanelli e i capigruppo alla Camera e al Senato (Davide Crippa ed Ettore Licheri). Ma gli occhi della giornata sono puntati tutti sul Partito democratico, che saranno ricevuti dall'avvocato alle ore 19. In queste ore i dem non hanno fatto mancare parole forti per sollecitare Conte a un cambio di passo. "I dossier più importanti sono tutti aperti: dobbiamo uscire dallo stallo. Non andiamo a fare chiacchiere con il presidente Conte", ha tuonato il capogruppo Graziano Delrio.

"Crisi? C'è solo il voto"

La delegazione del Pd sarà formata dal segretario Nicola Zingaretti, dal capodelegazione Dario Franceschini, dai rappresentanti del tavolo per le riforme Andrea Orlando e Cecilia D'Elia, e dai due capigruppo di Camera e Senato (Graziano Delrio e Andrea Marcucci). Come riportato da La Repubblica, prima della verifica i dem hanno organizzato una riunione online con il ministro dell'Economia Roberto Gualtieri e il ministro degli Affari Ue Enzo Amendola, con la presenza di parlamentari, ministri, sindaci e segretari regionali. L'obiettivo è stato quello di discutere del Recovery Plan e dei temi per il rilancio dell'Italia.

Le intenzioni di Zingaretti sono chiarissime: andare dal premier e parlare concretamente della sostanza. Senza perdere di mira i piani che andranno presentati a Bruxelles e poi attuati con i fondi europei. Anche il Partito democratico non vede di buon occhio l'idea di partorire l'ennesima task force a cui affidare la supervisione tecnica dell'attuazione dei progetti. "Non siamo qui per parlare di rimpasto, non noi. La verifica? Mi sembra un passaggio importante e utile, la maggioranza non può permettersi di sbagliare". Si è espresso così Andrea Marcucci entrando a Palazzo Chigi.

Nicola Zingaretti ha rilasciato una dichiarazione al termine del colloquio con il presidente del Consiglio: "È stato un incontro utile, che ha ripreso lo spirito iniziato qui a Palazzo Chigi il 5 novembre e cioè di mettere sul tappeto i temi e i nodi per un rilancio dell'azione di governo, in uno spirito molto costruttivo. Noi crediamo che l'azione di governo deve andare avanti e deve andare avanti con una grande sintonia con i problemi degli italiani. Non abbiamo parlato di rimpasto".

Nel frattempo sono arrivate anche le indicazioni di prospettiva in caso di crisi: il governo potrebbe crollare il 28 dicembre, con Matteo Renzi che potrebbe alzarsi dalla sua postazione e decretare la fine della stagione giallorossa. Tra le tante ipotesi vi è quella del rimpasto, ma Goffredo Bettini ha già messo le mani avanti: "No a crisi al buio. Se cade il governo, il Pd spingerà per il voto. No al rimpasto, orribile parola". L'esponente del Pd, in un'intervista rilasciata all'Huffington Post, ha ribadito quanto sia fondamentale cambiare passo: "L'alleanza giallorossa è nata principalmente per fermare la destra. È rimasta unita grazie alla gestione dell'emergenza. Le elezioni, le risorse da conquistare in Europa, la pandemia. Oggi deve dimostrare di saper guidare la ricostruzione nazionale".

Dal M5S no al rimpasto

"Una lunga chiacchierata in cui abbiamo affrontato anche il tema che riteniamo surreale che sta imperversando, quello del rimpasto, ribadendo che dal nostro punto di vista non c'è alcuna disponibilità ad alcun rimpasto e che si sembra surreale parlarne in piena pandemia", ha dichiarato Vito Crimi al termine dell'incontro a Palazzo Chigi. Il capo politico dei 5 Stelle ha comunque invitato la maggioranza ad accelerare sui nodi ancora irrisolti in Parlamento, dal conflitto d'interessi alla legge sulle lobby: "Ecco, forse partendo da questi dossier il rilancio dell'azione del governo e del Parlamento può essere messa al centro della nostra agenda".

Trattato pure il tema relativo al Recovery Fund: i pentastellati hanno fatto intendere di essere contrari a una task force che esautori le funzioni e il ruolo dello Stato. "Abbiamo cercato di fare capire che tutti i ministri siamo messi in condizione di approfondire i progetti presentati e cercare di capire quale sia la migliore configurazione di questo piano per il rilancio del Paese", ha aggiunto Crimi.

Su Facebook è arrivato il commento di Luigi Di Maio al termine del vertice con il premier Conte: "Parlare di poltrone davanti a una crisi come quella che stiamo vivendo è surreale. Il governo deve lavorare per gli italiani, punto. Se ci sono divergenze di vedute se ne discute, ma stop polemiche. Adesso serve uno sprint decisivo per il Paese".

La resa dei conti

Ma la vera resa dei conti ci sarà domani, quando Conte incontrerà i renziani e dovrà gestire faccia a faccia le spinose tematiche che rischiano di innescare una crisi di governo. La richiesta di Matteo Renzi è ormai nota: via la cabina di regia per la gestione dei progetti del Recovery Fund. Sul tavolo c'è l'ipotesi di un'unità di missione "rafforzata" con il coinvolgimento di tutte le forze politiche della maggioranza e del Parlamento.

Ma le tensioni restano. L'aria diventa sempre più pesante e tra i big di Italia Viva c'è chi è convinto che il presidente del Consiglio non riuscirà a fare sintesi. Ecco perché, come vi abbiamo raccontato questa mattina, dopo la legge di bilancio i renziani potrebbero togliere la fiducia ai giallorossi. Anche se davanti le telecamere viene smentita la possibilità di un rimpasto, in realtà - come riferiscono fonti di maggioranza a ilGiornale.it - sono già spuntati i primi nomi dei possibili nuovi ministri. "Se non accontentiamo Matteo Renzi e il Pd, qui finisce che torniamo tutti a casa", si continua a ripetere.

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