«L'avevo già deciso sabato scorso quando sono uscite sui giornali quelle conversazioni, guarda caso proprio il giorno delle elezioni europee - Paolo Signorelli (foto), al telefono, parla orami da ex portavoce del ministro dell'Agricoltura -. Impossibile in questo clima fare bene il proprio lavoro». Le dimissioni arrivano quando ormai il «caso Signorelli» è diventato di prepotente attualità. «Mi dimetto per me stesso e per non danneggiare il governo». Poche e semplici parole per spiegare le ragioni di un epilogo a una vicenda che l'ha visto protagonista negli ultimi giorni. Il portavoce di Lollobrigida è, infatti, balzato nei giorni scorsi agli onori della cronaca perché alcuni organi di stampa hanno riportato frasi di una chat di sei anni fa in cui lo stesso Signorelli si lasciava andare a espressioni antisemite dialogando con Fabrizio Piscitelli detto Diabolik, pregiudicato e storico capo ultras della Lazio, ucciso il 7 agosto 2019. Le frasi incriminate provengono da conversazioni su Whatsapp, pescate dalle carte dell'inchiesta proprio sulla morte di Piscitelli. Poco importa che Signorelli non sia indagato e nulla abbia a che fare con quell'inchiesta. Queste conversazioni private arrivano ai giornali e costringono il portavoce del ministro prima alla sospensione e da ieri alle dimissioni. «Era un'altra stagione della mia vita, quello era un altro Paolo - spiega -: erano parole di un tempo lontano in cui non mi riconosco di certo ora». Lo stesso Lollobrigida, chiamato più volte in causa negli ultimi giorni, sfrutta la ribalta dei social per dire la sua sull'ormai ex portavoce. «Perdo un collaboratore prezioso - scrive il ministro sulla sua pagina Facebook il ministro - un professionista incensurato con due lauree che lavora con dedizione e professionalità. Mai l'ho sentito, in questi mesi, dire una cosa fuori dalle righe. I suoi colleghi giornalisti ne hanno sempre parlato bene e, magari ora solo privatamente, continuano a farlo». Il ministro non nasconde la gravità delle frasi ripescate da quelle lontane conversazioni: «sono ingiustificabili». Per poi aggiungere Si tratta, comunque del suo passato che appare, a chi conosce il Paolo di oggi, molto più lontano dei soli anni che lo separano da quanto riportato dal quotidiano il giorno della chiusura della campagna elettorale». Tempismo, questo, più che sospetto. «È stato attaccato su conversazioni private dai contenuti irricevibili - ammette il capogruppo alla Camera di FdI Tommaso Foti -. Il reale obiettivo di questa campagna però era il ministro Lollobrigida.
La vergogna è mettere alla gogna in via strumentale una persona, che indubbiamente in quelle frasi ha sbagliato, ma lo ha fatto in messaggi privati e che tali dovevano rimanere, pubblicando atti che non hanno rilevanza penale e che si sarebbero dovuti distruggere».
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