Coronavirus

Il Nord chiuso per coronavirus: confini blindati in Lombardia

Dalla Regione e da altre 11 province si entra o esce solo per «gravi motivi». La bozza del decreto sul tavolo di Conte

Il Nord chiuso per coronavirus: confini blindati in Lombardia

Lazzaretto Lombardia. E anche altre undici province del Nord. Sul tavolo di Giuseppe Conte è arrivato alla firma un nuovo elenco di misure davvero drastiche. La più grande area industriale del Paese, la regione più popolosa d'Italia, insieme ad alcune aree di Piemonte, Veneto ed Emilia Romagna, è ora una nuova Wuhan: si potrà varcarne i confini soltanto per motivi «gravi e indifferibili». La restrizione dovrebbe durare fino al 3 aprile. Così come la chiusura delle scuole prorogata in tutta Italia.

Il governo aveva inizialmente sminuito il grido d'allarme del governatore Attilio Fontana, preoccupato di essere costretto a uno stop ancora più lungo. Ma il rapporto sulla situazione dei reparti di terapia intensiva della Lombardia arrivato ieri sul tavolo del comitato scientifico riunito presso la Protezione civile ha avuto un effetto devastante: le strutture sono vicine al limite massimo di sopportazione. La situazione sarà alleviata trasportando malati in altre regioni, ma i numeri squadernati ieri dal capo della Protezione civile Angelo Borrelli, oltre mille contagiati in più che fanno superare quota 5.000 in Italia, consigliano ancora prudenza e misure severe. Precedute da un consiglio generale, valido per tutti e soprattutto per chi appartiene a categorie a rischio: restare a casa per quanto possibile.

Le undici province che, insieme alla Lombardia, subiranno il nuovo regime di «confino» sono Modena, Parma, Piacenza, Reggio Emilia, Rimini, Pesaro e Urbino, Venezia, Padova, Treviso, Asti e Alessandria. In questi territori, recita la bozza arrivata ieri a Palazzo Chigi, si dovrà «evitare in modo assoluto ogni spostamento in entrata e in uscita dai territori di cui al presente articolo, nonché all'interno dei medesimi territori di cui al presente articolo salvo che per gli spostamenti motivati da indifferibili esigenze lavorative o situazioni di emergenza».

Resta da vedere come si farà a imporre il rispetto di limitazioni così draconiane alla libertà di movimento. Nella provincia cinese di Hubei è stato già fatto e applicato in modo energico. La differenza è che l'Italia non è un regime. Se il decreto sarà confermato, i prefetti potranno usare le forze di polizia per far rispettare i divieti. Per un Paese democratico è un sacrificio inedito.

Anche sul fronte delle attività commerciali la bozza del decreto prevede nuove restrizioni. A partire dalla chiusura nelle giornate festive e prefestive di «medie e grandi strutture di vendita nonché gli esercizi commerciali presenti all'interno dei centri commerciali e dei mercati». Altra misura drastica, specie alla luce di quel che successe nei supermercati nei primi giorni di panico seguiti allo scoppio dell'epidemia.

Il comitato scientifico ha chiesto anche l'inclusione nel decreto della «sospensione di goni attività» per quel che riguarda «grandi eventi, cinema, teatri, pub, scuole di ballo, sale giochi, sale scommesse e sale bingo, discoteche e locali assimilati». Gli esercizi commerciali che non rientrano in queste categorie, come bar e ristoranti che possono restare aperti, hanno comunque l'obbligo di garantire il «non affollamento», cioè il rispetto dell'ormai nota distanza di almeno un metro tra le persone. Obbligo che sussiste anche i supermercati, nei giorni feriali in cui potranno restare aperti. Stop pure a eventi religiosi e chiusi i musei e confermato anche lo stop ai concorsi ed esami se non in via telematica (ammessa l'eccezione per i concorsi per la sanità).

Consola poco la scelta di non chiamare più «zone rosse» i luoghi isolati. Il Paese ora sarà diviso in Fascia 1 e Fascia 2.

Ma la sostanza non cambia.

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