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Nordio smorza i toni: "Nessuna guerra ai giudici. Le riforme sono un dovere verso gli elettori"

Il ministro è intervenuto sui temi più caldi: "L'abuso d'ufficio? Evanescente"

Nordio smorza i toni: "Nessuna guerra ai giudici. Le riforme sono un dovere verso gli elettori"
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«Non ha senso parlare di contrapposizione con magistratura, o peggio di attitudine punitiva. Sono stato magistrato per 40 anni, figuriamoci se posso nutrire ostilità verso la magistratura, o serbare rancore. Si tratta solo di questioni tecniche». Prova a troncare le polemiche il Guardasigilli Carlo Nordio, dal palco di «Giustizia in piazza», evento organizzato dal coordinamento romano di Fdi in piazza Vittorio Emanuele, nella capitale, quando il giornalista Andrea Pancani, che modera l'incontro, gli chiede se si aspetta uno scontro sulla separazione delle carriere. Nordio fa il pompiere, ma tiene il punto. Spiega che «buona parte del nostro lavoro è dedicato al processo civile», le cui lentezze, ribadisce più volte nel corso dell'incontro, costano all'Italia «un paio di punti di Pil l'anno». Ma aggiunge che anche «le riforme penali sono nel programma», e dunque se i cittadini «hanno scelto questa maggioranza, noi siamo impegnati ad adempiere a questa obbligazione». Sulla polemica per l'imputazione coatta, che ha visto protagonista la gip di Roma che ha deciso di non accogliere la richiesta di archiviazione della procura per il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro delle Vedove, il ministro critica l'imputazione coatta. «È in contrasto con i principi del processo accusatorio voluto da Giuliano Vassalli», spiega, e dunque va riformata, perché come pure l'unità delle carriere «è incompatibile con questo sistema». Ma allo stato la legge è quella, «dunque il giudice romano non ha fatto nulla di sbagliato, niente di strano».

Quanto ai presunti dubbi del Colle e della Ue su traffico di influenze e cancellazione dell'abuso d'ufficio, Nordio chiarisce: «Per il traffico di influenze abbiamo addirittura inasprito le pene, ma rimodulando il reato secondo i principi di tassatività e tipicità, mentre prima era un reato estremamente evanescente. Lo abbiamo insomma reso più chiaro, aumentando le pene». Sull'abuso d'atti d'ufficio, taglia corto Nordio, parlano i numeri: «Su 5mila procedimenti l'anno, alla fine abbiamo 8-10 condanne, peraltro comminate per reati di altro tipo. Quindi a fronte di questo enorme dispendio di energie, che provoca anche paura della firma e paralisi da parte degli amministratori, la montagna partorisce il topolino. Per venti anni s'è tentato di modificare questo reato, senza migliorare le cose: abolirlo era l'unica soluzione possibile». E quanto ai dubbi Ue, assicura Nordio, «all'Europa interessa che l'arsenale normativo e repressivo della corruzione e della mala gestio amministrativa sia efficiente e coerente. Ho spiegato personalmente al commissario Reynders che il nostro arsenale è il più severo di tutta Europa, con 36 norme che vanno dalla concussione per induzione alla corruzione propria e impropria. Peraltro Reynders non aveva nemmeno letto queste critiche, che non provenivano da lui».

Sulla prima tranche di riforma contenuta nel disegno di legge, dicono la loro anche gli altri ospiti, con l'azzurro Giorgio Mulé che insiste per «approdare a una riforma costituzionale che deve portare alla separazione delle carriere» come obiettivo di legislatura, e Maria Elena Boschi di Italia Viva che assicura, pur dall'opposizione, il supporto a una riforma che Iv auspica.

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