Milano Poiché Silvio Berlusconi è ormai fuori dal Parlamento, le intercettazioni delle sue telefonate devono poter essere utilizzate dalla magistratura anche se all'epoca delle telefonate era ancora senatore. La legge che limita gli «ascolti» dei parlamentari serve infatti a prevenire «l'ingerenza del potere giudiziario sugli altri poteri dello Stato». Ma la richiesta odierna «giunge in un momento in cui Silvio Berlusconi è stato dichiarato decaduto dalla carica di Senatore ed in ogni caso quando le eventuali indebite ingerenze già avrebbero prodotto i loro effetti nella passata legislatura».
Così il giudice preliminare Stefania Donadeo, accogliendo la richiesta della Procura, decide di investire il Parlamento dell'ultimo troncone del «caso Ruby». Sarà il Senato nelle prossime settimane a decidere se nel processo per corruzione giudiziaria a carico del Cavaliere e di numerosi ospiti delle sue feste, colpevoli secondo i pm di avere testimoniato il falso per difenderlo, si potranno utilizzare anche undici telefonate in cui «casualmente» la Procura intercettò la voce di Berlusconi quando era senatore. Dall'altra parte del filo c'erano Barbara Guerra e Iris Berardi, due delle cosiddette «Olgettine». Sulla «casualità» di quel fortunato inciampo, la difesa di Berlusconi ha battagliato davanti al giudice, sostenendo che per gli inquirenti imbattersi nella voce del Cavaliere era non solo del tutto probabile, visto che le ragazze chiamavano in continuazione (e quasi sempre invano) il centralino di Arcore; ma che proprio ascoltare Berlusconi era in realtà il vero obiettivo della Procura, in palese violazione delle norme che prevedono l'okay preventivo delle Camere per intercettare uno dei loro appartenenti. Un trucco, insomma.
Ma il giudice sposa invece in pieno le tesi della Procura. Si tratta dello stesso giudice che nel caso Unipol-Fassino scavalcò la Procura, costringendola a chiedere il rinvio a giudizio di Berlusconi dopo che il pm aveva fatto istanza di archiviazione. In questo caso, la dottoressa Donadeo scrive che «l'atto di indagine non era diretto ad accedere nella sfera di comunicazioni del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi (all'epoca in realtà il Cavaliere non era più a Palazzo Chigi, ndr )» bensì diretto «alle comunicazioni delle intercettate e testimoni nel processo in corso a carico di Berlusconi più altri».
Sta di fatto che, prevedibilmente o meno, Berlusconi venne intercettato, sotto il nome d'arte di «Andrea Nascente». Ventinove conversazioni con le due Olgettine. Di queste, il giudice chiede al Senato di poterne utilizzare 11 nelle quali secondo lei «alle pressanti richieste delle ragazze di adempimento degli obblighi di dazione di quanto promesso da Berlusconi, quest'ultimo subordina le dazioni concordate all'atteggiamento processuale che avrebbero tenuto le due testimoni (..
) l'atteggiamento di Berlusconi, fortemente deciso ad adempiere alle promesse economiche soltanto dopo che avrà ottenuto dalle stesse assicurazione in ordine alla loro testimonianza, è confermato anche dalla telefonata del 9 luglio in cui Barbara Guerra reiterava la richiesta di acquisto di una casa a suo favore, evidentemente pagata da Berlusconi».La parola passa al Senato.
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