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Nuovi ricollocamenti Ue e accordi con Tunisi. Ma il piano del premier non è sufficiente

Tutte le strade già percorse con scarsi risultati. Intanto le Ong esultano

Nuovi ricollocamenti Ue e accordi con Tunisi. Ma il piano del premier non è sufficiente

Cabina di regia a Palazzo Chigi, ricollocamenti europei dei richiedenti asilo, anche temporanei, riesumazione dell'accordo con Malta e accordo con la Tunisia per fermare i flussi. Il piano Draghi è una fragile diga di fronte all'ondata di sbarchi che si sta profilando per l'estate. Un'emergenza prevista con ampio anticipo dalla Guardia costiera italiana e dalla nostra intelligence. Tutte idee buone, ma «vecchie», che si sono già scontrate in passato con il muro di gomma europeo, la furberia maltese e la Tunisia in crisi economica e politica. Per non parlare dell'attacco ai fianchi del leader leghista Matteo Salvini, che vuole misure più drastiche e dall'opposizione di Fratelli d'Italia che chiede il blocco navale. Oltre alle punzecchiature del segretario del Pd, Enrico Letta, che auspica di trasformare la flotta europea Irini, per il controllo dell'embargo delle armi alla Libia, in missione di salvataggio dei migranti.

Il primo passo è la cabina di regia a Palazzo Chigi per gestire l'emergenza estiva degli sbarchi. In settimana si riuniranno i ministri dell'Interno, Difesa e Trasporti, competente per la Guardia costiera, con il presidente del Consiglio. Così si eviteranno «strappi» fra ministri coinvolti come ai tempi del Conte 1, ma difficilmente la cabina di regia avrà la bacchetta magica per fermare l'ondata.

La partita europea è il secondo punto del piano Draghi. A fine maggio è convocato il Consiglio Ue e l'Italia tornerà alla carica sulla riforma del trattato di Dublino su asilo e immigrazione, ma soprattutto chiederà a gran voce il ricollocamento dei migranti. La triste realtà è che la ridistribuzione automatica era fallimentare prima del Covid e adesso risulta sospesa a causa del virus. Neppure se ne parla di ricollocamento automatico e obbligatorio ma la commissaria agli affari Interni Ue, Ylva Johansson, ha aperto ieri uno spiraglio su «accordi temporanei, per affrontare la situazione».

L'Italia punta alla riesumazione del patto di Malta del settembre 2019 per ridistribuire i migranti tra le nazioni europee più volenterose. Fra queste c'era l'isola. Nel fine settimana La Valletta ha fatto finta di non vedere i 2000 migranti, che sono passati nelle sue acque di ricerca e soccorso prima di sbarcare a Lampedusa. Nonostante il grosso parta dalla Libia, la prima nazionalità degli arrivi è tunisina (1716 da gennaio). La terza mossa del governo è un accordo vero con la Tunisia. Per questo motivo il 20 maggio, Lamorgese sarà a Tunisi assieme a Johansson. Più che di rimpatri, però, bisognerebbe discutere di bloccare le partenze anche con l'aiuto della nostra flotta.

Sul piano d'emergenza aleggiano i talebani dell'accoglienza, che ieri cantavano vittoria. Sea Watch sottolinea: «Anche senza Ong 2100 a Lampedusa, 700 respinti e 5 morti» riferendosi all'ondata del fine settimana. La nave degli estremisti tedeschi è sottoposta a fermo amministrativo, ma pende una decisione della Corte di giustizia europea.

Il rischio è che arrivi il via libera permettendo alle navi delle Ong di fare quello che vogliono portando migranti in Italia.

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