
Dalla pace alla guerra. Dalla fiducia in un'intesa con l' "amico" Vladimir Putin all'esternazione senza precedenti sulla possibilità che l'Ucraina possa "riconquistare tutti i territori perduti". Il nuovo "enigma Trump" - scaturito durante l'intervento del presidente Usa all'Assemblea generale delle Nazioni Unite - è in aperta contraddizione con tutte le precedenti dichiarazioni di Donald Trump. Da quelle della campagna elettorale, quando prometteva la pace in pochi giorni, a quelle di febbraio quando irrise l'alleato Zelensky spiegandogli che non aveva più "carte in mano". Fino a quelle del 15 agosto ad Anchorage quando, alla vigilia dell'incontro con Vladimir Putin, incoraggiava Kiev ad accettare il congelamento del fronte e la cessione dei territori occupati da Mosca.
Ma cos'ha fatto cambiare idea a Trump? E come pensa di ribaltare le sorti di un conflitto dove l'Ucraina continua a perdere terreno da almeno due anni, da quando, cioè, le forniture americane erano all'apice, i soldati russi erano la metà dei 700mila schierati oggi e il riarmo di Mosca era ancora allo stadio iniziale? Il nuovo "enigma trumpiano" risulta ancor più oscuro se analizzato alla luce dei cambiamenti imposti nel sistema di forniture militari all'Ucraina. Al fine di condividere il costo degli armamenti e garantire incentivi all'industria militare americana, Trump ha imposto che le armi di fabbricazioni Usa vengano acquistate e pagate dagli alleati della Nato. L'argine a quelle forniture dirette che con Biden raggiunsero i 61 miliardi di dollari non ha cambiato di molto il valore finanziario degli armamenti, ma ne ha modificato qualità e tipologia. Il primo pacchetto del 2025, varato a settembre, ha un valore di circa venti miliardi ed è quindi in linea con quelli della precedente amministrazione. Al suo interno mancano però sistemi come i missili di media gittata Atacms, di cui il Pentagono non intende privarsi per non svuotare i propri arsenali. Nell'ottica dell'amministrazione Usa, queste armi devono venir rimpiazzate da sistemi equivalenti prodotti e forniti dai paesi europei. Visto però la lentezza con cui procedono le politiche di riarmo dei 27, la svolta di Trump sta provocando cospicui ritardi nelle forniture considerate essenziali per la difesa dell'Ucraina. Ma l'incognita più pressante, a cui nemmeno l'America di Biden ha mai potuto dar risposta, resta la rarefazione di un esercito ucraino decimato da perdite e diserzioni. Secondo quanto dichiarato a marzo dal generale Vadym Skybitskyi, numero due dell'intelligence militare ucraina, Kiev dispone di circa 200mila operativi su un fronte di oltre 1200 chilometri. Un numero assolutamente inadeguato a lanciare contrattacchi lungo una linea russa dove operano oggi oltre 700mila uomini. Anche perché un'offensiva richiederebbe quegli armamenti di lunga gittata che il nuovo sistema di forniture imposto da Trump rende più difficili e lenti da ottenere. L'unica speranza di un ribaltamento del conflitto ucraino riposa dunque sull'ipotesi di un collasso dell'economia russa e di un'incapacità del Cremlino di sostenere le ingenti spese militari.
Ma anche questa resta un'illusione. Anche perché le sanzioni secondarie con cui Trump minaccia di colpire Cina ed India e bloccare le esportazioni di petrolio russo si sono dimostrate, fino ad oggi, una semplice chimera.