L'ennesima giornata chiave, dell'ennesimo giorno di guerra a caccia dall'ennesima svolta che, in un modo o nell'altro, alla fine non arriva mai. Il futuro dell'Ucraina ma anche degli equilibri internazionali, ieri è passato da Berlino, rievocando uno snodo che sembrava ormai solo una pagina di storia del secolo scorso. Altra tornata di incontri ai massimi livelli tra la delegazione ucraina e quella americana, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il braccio destro Rustem Umerov insieme all'inviato speciale di Donald Trump Steve Witkoff e al genero del presidente Jared Kushner, sotto la "mediazione" del cancelliere tedesco Friedrich Merz. Ma mentre ancora una volta la parte ucraina apre al dialogo e anche a delle concessioni rispetto ai propri desiderata per arrivare alla pace, dal Cremlino arriva il centoventicinquesimo niet ad ogni possibile compromesso.
Colloqui costruttivi che proseguiranno anche oggi in Germania. Il presidente ucraino ha aperto al dialogo, dichiarando di essere pronto a rinunciare alla richiesta di adesione alla Nato in cambio di garanzie di sicurezza da Usa e Europa. Una piccola svolta, nel marasma di dichiarazioni e richieste di questi mesi. Quanto basta, da parte ucraina, per dimostrare la voglia di chiudere il conflitto da parte dei vertici ucraini. In cambio, come già detto, ribadito e in apparenza concesso dagli alleati, l'Ucraina richiede garanzie di sicurezza simili a quelle previste dall'articolo 5 della Nato, che contiene la clausola di reciproca protezione per qualsiasi membro sotto attacco, in modo da cautelarsi da una nuova offensiva russa in futuro. "Parliamo di garanzie di sicurezza bilaterali tra l'Ucraina e gli Stati Uniti, vale a dire garanzie sul modello dell'Articolo 5, così come di garanzie di sicurezza per noi da parte dei nostri partner europei e di altri Paesi come il Canada, il Giappone e altri", ha dichiarato Zelensky. Non solo. Cresce l'ipotesi secondo cui Zelensky accetterebbe di congelare la linea del fronte sugli attuali confini, per poi far partire un vero negoziato. Di fatto significherebbe per l'Ucraina aprire alla cessione di territori, anche se limitata. Una sorta di accettazione del male minore per Kiev, considerata soprattutto l'aria che tira nei rapporti tra Russia e stati Uniti e che potrebbe lasciare l'Ucraina spalle al muro.
Ma gli ostacoli verso un dialogo reale e su posizioni di compromesso, arrivano da Mosca. "Penso che sia improbabile che ucraini ed europei diano un contributo costruttivo ai documenti", ha ribadito il consigliere di Putin, Yuri Ushakov. "Non le abbiamo ancora viste le proposte ma ci opporremo fermamente se verranno apportate le modifiche necessarie", ha aggiunto, sottolineando che "abbiamo reso molto chiara la nostra posizione e gli americani sembrano averla capita". Che tradotto in soldoni, altro non significa che per Mosca le condizioni non sono negoziabili. E per dare forza a una posizione che non si sposa per nulla con il compromesso, ecco che dal portavoce del Cremlino Dmitry Peskov arriva ancora una minaccia, nemmeno troppo velata, verso l'Occidente. In particolare, nel mirino finisce il segretario generale della Nato Mark Rutte, "colpevole" di aver messo in guardia l'Alleanza sul prepararsi a un possibile conflitto con la Russia. "Sono parole irresponsabili e hanno dimostrato che non ha realmente compreso la devastazione causata dalla Seconda guerra mondiale. Rutte ha detto che noi siamo il prossimo obiettivo della Russia mentre il Cremlino ha ripetutamente respinto tali affermazioni definendole assurdità".
Che detto da chi il giorno prima dell'invasione dell'Ucraina bollava l'eventualità come pura speculazione da parte dell'Occidente non risulta essere un manifesto di credibilità assoluta. Ma intanto, in un modo o nell'altro, il dialogo va avanti. A fatica, tra gli ostacoli, ma va avanti.