Cristian Camisa, presidente Confapi, la confederazione della piccola e media industria privata, qual è la vostra opinione sulla manovra economica?
"È una manovra che auspichiamo possa essere migliorata per rispondere meglio alle esigenze delle Pmi industriali. Tra gli aspetti positivi ci sono la sterilizzazione della plastic e sugar tax fino al 2026, il rifinanziamento della Sabatini per il 2025-2029 e le risorse per la Zes unica. Tuttavia, manca una vera visione di politica industriale di medio-lungo periodo. Serve un piano Marshall per accompagnare le imprese verso innovazione e digitalizzazione: il nostro gap di produttività rispetto alla grande industria e alle Pmi europee va colmato per restare competitivi. Non condividiamo la scelta di puntare su super e iper ammortamento: sono misure più adatte alla grande industria, perché richiedono utili per essere sfruttate. Chiediamo invece di tornare al credito d'imposta, già sperimentato con successo nei programmi Industria 4.0 e 5.0".
Un altro punto che vi sta a cuore riguarda gli incentivi per le nuove assunzioni.
"Occorre un intervento strategico per i giovani. Non possiamo accettare che l'8% dei neolaureati lasci l'Italia ogni anno mentre le imprese faticano a trovare personale qualificato. I giovani emigrano perché all'estero ottengono responsabilità e stipendi mediamente più alti del 50%. Abbiamo proposto un patto: le imprese si impegnano a valorizzarli, la politica deve detassarne completamente il primo stipendio, trasformando il lordo in netto. I giovani sono il nostro presente e il nostro futuro. Chiediamo infine di esentare le Pmi industriali dal payback, che rischia di metterle in seria difficoltà".
La manovra punta su rigore e tenuta dei conti pubblici. Condivide l'approccio?
"Assolutamente sì. Da imprenditori sappiamo che la prima regola è avere i conti in ordine. Ho apprezzato la linea del governo e la risposta dei mercati lo conferma: lo spread BTP-Bund a 76 punti base dimostra fiducia nella serietà della politica economica. Meno interessi sul debito pubblico significano più risorse da investire nel sistema produttivo".
Vi siete opposti alla nuova tassazione sui dividendi per partecipazioni inferiori al 10%. Perché?
"È una misura sbagliata e controproducente. La tassazione complessiva salirebbe fino al 57,3%, introducendo una doppia imposizione e penalizzando gli investimenti in capitale di rischio. Le Pmi italiane si basano su partecipazioni incrociate di minoranza, fondamentali per costruire filiere e innovare. Una simile tassa indebolirebbe queste strutture e ridurrebbe l'attrattività dell'Italia per i fondi internazionali".
Il "Financial Times" ha definito la nuova legge sul mercato dei capitali un'occasione per liberare risparmio e risorse. È d'accordo?
"Sì, può semplificare l'accesso ai mercati finanziari, ridurre i costi e promuovere forme di finanziamento alternative al credito bancario. È una riforma utile anche per snellire le regole di governance societaria".
Perché ritenete strategico un nuovo piano Transizione 5.0?
"I prossimi due-tre anni saranno decisivi per innovare, digitalizzare e rendere sostenibili le nostre imprese. Il credito d'imposta ha già funzionato, e serve continuità.
Abbiamo proposto un piano nazionale, meno vincolato dalle regole europee, per garantire stabilità e programmare investimenti. Nonostante le difficoltà, il 15% delle Pmi associate ha già utilizzato la misura 5.0. Ma serve che il governo metta davvero al centro il mondo delle piccole e medie industrie".