Olimpiadi 2026, Sala tratta ma avverte: «Il brand è Milano, nel logo deve esserci»

Il sindaco del capoluogo lombardo detta le condizioni. E spunta la Valle d'Aosta

Chiara Campo

Milano Dopo la lettera e i tweet di fuoco inviati al presidente del Coni Giovanni Malagò immediatamente prima e dopo l'approvazione della candidature a tre punte Torino-Milano-Cortina alle Olimpiadi invernali 2026, ieri il sindaco di Milano Beppe Sala ribadisce i punti ma stempera i toni. «Non ho nessuna intenzione di rompere, l'ho detto anche al sottosegretario Giancarlo Giorgetti che mi ha cercato questa mattina (ieri, ndr) e a cui ho dato la disponibilità a un incontro con Chiara Appendino e il sindaco di Cortina o il governatore del Veneto Luca Zaia», l'unico soddisfatto perché «la proposta è arrivata quasi da outsider». «Milano c'è», «siamo qui con lo spirito di portare avanti una candidatura italiana che può vincere», «non siamo arroganti né pierini» ripete Sala. Ma puntualizza anche che «non abbiamo bisogno delle Olimpiadi per realizzare gli impianti previsti nel dossier, non siamo qui a chiedere ma semmai a proporre». Anche perché l'Italia ha bisogno di «un brand apprezzato a livello mondiale». Cita le sedi dei prossimi Giochi estivi o invernali: Tokyo, Pechino, Parigi, Los Angeles. «Quando sento dire da Roma che forse si sceglierà il nome delle Olimpiadi condivise con un concorso dico che si sta sbagliando qualcosa, non si sfruttano i nostri punti di forza». Lo ridice chiaramente: «Milano deve essere il nome prioritario, possiamo anche trovare una sigla ma deve essere evidente la sede principale e ho offerto che anche gli uffici siano qui». La governance rimane il punto «da chiarire», due giorni fa ha avvisato che senza catena di comando chiara la città è «disponibilissima» ad ospitare gare ed eventi ma resterà fuori dalla gestione. E ieri ha ribadito che «alle condizioni attuali» non c'è altra possibilità, perché tornando all'esperienza da commissario Expo fa presente «quanto non sia stato semplice confrontarsi con azionisti diversi come Regione e Comune, figuriamoci tra giunte e consigli di tre regioni diverse e in cui i distinguo visto, sono enormi». Al governo chiede quindi «un atto di coraggio, o per non scontentare nessuno si scontentano tutti. Ma c'è ancora tempo per mediare». Appendino anche ieri ha ribadito che «il masterplan non convince per nulla, attendiamo che il governo si faccia protagonista».

Zaia auspica invece che il tridente «vada avanti, ricordiamoci che non abbiamo già vinto ma possiamo batterci con gli avversari internazionali. Facciamo squadra o ci piallano». Tra i tre litiganti, si fa avanti pure la Valle d'Aosta: «Se volete noi ci siamo».

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