Omicidio volontario per il carabiniere

Indagato il militare che ha ucciso il 15enne. Il legale: «Dispiaciuti ma tranquilli»

Omicidio volontario per il carabiniere

Christian ha 23 anni, è un carabiniere semplice, figlio di un brigadiere e avrebbe agito davvero per legittima difesa. Ora è però indagato per omicidio volontario. Gli amici lo definiscono «una bravissima persona, un ragazzo pacato e innamorato della divisa». Sabato è uscito con la fidanzata, pare per andare a vedere la partita del Napoli e quindi si è diretto verso il lungomare Caracciolo. Ha posteggiato l'auto in retromarcia in un parcheggio a lisca di pesce poco distante. Aveva il finestrino aperto a metà. Gli si è avvicinata una persona con il viso occultato da un casco e uno scaldacollo e gli ha puntato una pistola alla testa per rapinarlo del Rolex che si era comprato da solo con tanto sacrificio. Un'arma finta, riproduzione fedele di una Beretta 52, senza tappo rosso. La ricostruzione della dinamica è al vaglio degli inquirenti, ma fonti non ufficiali vicine all'Arma raccontano di come sarebbe morto il 15enne Ugo Russo, un ragazzino della Napoli più disagiata, cresciuto in un ambiente vicino alla malavita gestita dalla Camorra.

Il carabiniere si è qualificato e gli avrebbe detto «Vai via». Poi avrebbe tentato di mettere la prima col cambio automatico, ma sarebbe entrata la retromarcia. A quel punto l'aggressore avrebbe scarrellato la pistola dicendo: «Non me ne frega niente». Il 23enne, temendo per l'incolumità della fidanzata, avrebbe sparato due colpi, centrando il 15enne al petto e al collo e il proiettile sarebbe uscito dalla nuca. Parrebbe che i colpi fossero obliqui, anche perché sparati da dentro l'auto, ma sarà la perizia balistica a stabilire se si sia trattato di davvero di legittima difesa come parrebbe. A quel punto, visto l'amico a terra, il complice che era con lui avrebbe raccolto la pistola. Sarebbe partito un terzo colpo, ma lo avrebbe mancato e indotto alla fuga. «Guidavo il motorino, ma non è mio. Mi sono fermato a due, tre metri dalla macchina del ragazzo, Ugo è sceso, gli ha chiesto l'orologio, lui ha fatto il gesto, come per sfilarselo, e a quel punto ha sparato. Ma no, non ha detto di essere un carabiniere» ha dichiarato il complice. Il carabiniere avrebbepoi chiamato il 112 e il 118 chiedendo soccorso. Amici di famiglia raccontano che il giovane è sconvolto e non si dà pace. «Sono dispiaciuto per la morte del ragazzo ma sereno e fiducioso nella giustizia», ha detto al suo legale, l'avvocato Capone.

Ma il padre della vittima, Vincenzo, non ci sta e parla di «esecuzione». «È stato centrato da un primo proiettile al petto - ha detto -, ma l'altro era dietro alla nuca. Io non lo so se Ugo gli abbia puntato o meno la pistola alla tempia. Dopo il colpo a bruciapelo sul petto il carabiniere ne ha esploso un secondo quando Ugo, volato in avanti di tre, quattro metri, si è rialzato e stava per allontanarsi».

Cosa certa è che i familiari di Ugo hanno devastato un intero pronto soccorso tra l'indignazione della comunità napoletana. Il complice 17enne, invece, è in stato di fermo.

«Quel ragazzo ha sparato difendendosi - spiega Antonio Tarallo dell'Unione sindacale italiana carabinieri - Gravissimo, invece, ciò che hanno fatto i parenti della vittima al pronto soccorso».

Adesso saranno l'autopsia, la perizia balistica ed eventuali filmati a stabilire le responsabilità del caso.

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