Roma - Il tesoretto è talmente incerto che per garantirlo il governo ha deciso di mettere da parte 1,6 miliardi nel bilancio 2015. Quello che dovrebbe essere un surplus rispetto alle attese, una somma spuntata a sorpresa dai conti, si trasforma così in un'altra voce di spesa pubblica, garantita da un accantonamento in bilancio.
In sintesi, Renzi ha confermato politicamente il tesoretto. Ma il compito di trovarlo spetta al ministero dell'Economia entro l'autunno. Una sorte diversa rispetto agli altri tesoretti, finiti tutti a rendere più soliti i conti pubblici.
È quanto emerge dal primo passaggio parlamentare del Def, il Documento di economia e finanza. L'Aula del Senato e quella della Camera hanno approvato la risoluzione di maggioranza che chiede al governo, tra le altre cose, di accantonare «prudenzialmente» delle «risorse nel bilancio dello Stato» corrispondenti al tesoretto. Quindi 1,6 miliardi di euro che il ministero di via XX settembre dovrà cercare bloccando altre spese, almeno fino a settembre.
Poi impegna l'esecutivo a utilizzare il tesoretto «per rafforzare l'implementazione delle riforme strutturali già avviate, nel limite dell'obiettivo programmatico indicato».
Formula molto vaga che lascia aperta la strada alle due ipotesi in campo. Quella cara al premier Matteo Renzi, che vorrebbe estendere il bonus da 80 euro (misura che il presidente del Consiglio considera una riforma a tutti gli effetti) e chi invece, in particolare il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan, vorrebbe utilizzarli per mettere in sicurezza i conti. Così come hanno suggerito in questi giorni l'Ufficio parlamentare di bilancio, Bankitalia e Corte dei conti. In generale una manovra spericolata, tanto che il capogruppo di Forza Italia alla Camera Renato Brunetta ha avuto buon gioco nel chiamare il causa la Ragioneria generale dello Stato.
Non è detto, infatti, che le cifre alla base del Def (e quindi di tutta la politica economica del governo) siano confermate alla vigilia della legge di Stabilità. A partire dalla crescita. «Non possiamo cullarci sulla tranquillità relativa determinata dalla ripresina in atto: è gracile e fondata largamente su fattori esogeni», ha riconosciuto ieri il viceministro all'Economia Enrico Morando.
Poi ci sono i tagli della spending review , dai quali dipende la neutralizzazione delle clausole di salvaguardia. Il rischio è che già nel 2015 ne scatti una. Gli 1,7 miliardi relativi ai nuovi metodi di pagamento dell'Iva da parte della pubblica amministrazione, il cosiddetto split payment , che potrebbe essere bocciato dall'Unione europea. Scelta che farebbe scattare subito un aumento delle accise sui carburanti. Ieri il governo ha assicurato che non ci sono problemi. Ma sono in tanti a pensare che le eventuali entrate in meno saranno coperte con lo stesso tesoretto.
Sul versante degli enti locali, i Comuni sono ancora in attesa del decreto ad hoc, che dovrebbe compensare il mancato riparto nazionale della Tasi. Per il momento i Comuni hanno trovato un accordo tra di loro per rimodulare i tagli imposti dal governo, in modo da ridurre l'impatto su alcune città come Roma, Napoli e Firenze.
«C'erano
riserve da parte di alcune città - ha riferito Fassino - ma oggi l'Anci ha dato una dimostrazione di coesione e solidarietà importanti. Ora analoga disponibilità ce l'aspettiamo dal governo», con l'approvazione del decreto.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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