Cronache

Ora basta lacrime di coccodrillo

Spesso i morti sul lavoro si dimenticano molto presto e non capisco perché qualcuno continua a chiamarle morti bianche

Un Canadair rovescia il suo carico sulla fabbrica di Modugno
Un Canadair rovescia il suo carico sulla fabbrica di Modugno

Anche dopo la tragedia di Modugno - come in troppi altri casi come Thyssen Krupp, Eternit, Mineo, Galeazzi etc - vedo lacrime che fra qualche giorno diventeranno lacrime di coccodrillo. Da 25 anni mi occupo di sicurezza del lavoro e ho visto che spesso i morti sul lavoro si dimenticano molto presto e non capisco perché qualcuno continua a chiamarle morti bianche.

In Italia si muore sul lavoro e di lavoro. Nel 2014 ci sono stati circa 700 morti per infortuni, 1400 morti per malattie professionali (di cui 414 a causa di amianto) e oltre 700mila persone colpite in gran parte con lesioni permanenti. E molti di questi infortuni si verificano nelle pmi, a dimostrazione che il problema della sicurezza non riguarda soltanto l'industria; si muore di più nelle piccole aziende, nelle imprese familiari, nelle campagne, nei piccoli cantieri che non nelle fabbriche.

È sbagliato parlare del fenomeno degli infortuni; un fenomeno è qualcosa di inspiegabile, invece quando si parla di morti sul lavoro e di sicurezza in genere con un'analisi tecnica si può spiegare tutto. Basti riflettere sulla prevenzione: le norme e le tecniche sulla prevenzione si interpretano in maniera burocratica, cartolare, formale, non effettiva ed efficace. La sicurezza inoltre è inversamente proporzionale al lavoro nero. Più ce n'è meno v'è sicurezza. Da sette anni è in vigore l'art. 14 d.lgs 81/08 che consente la sospensione dell'attività delle imprese con lavoratori a nero in misura superiore al 20 per cento o in caso di recidiva ma senza controlli capillari questa norma rimarrà sempre quasi totalmente disapplicata.

Ancora una volta sentiremo che ci vorrebbero più controlli, un'ovvietà sostanzialmente inutile che vale per qualsiasi reato. Ma per combattere gli infortuni ci vogliono controlli migliori sul piano della competenza, della specializzazione, del coordinamento. Nel nostro Paese ci sono competenze delle Regioni e dello Stato, di vari ministeri ed enti una decina di organi di vigilanza e manca un effettivo coordinamento, previsto sulla carta ma mai applicato!

Da molti anni sento che se si applicassero veramente tutte le normative in materia di sicurezza le imprese dovrebbero chiudere. Ma non ho mai visto un'impresa chiudere per essere stata veramente sicura; anzi ho visto imprese efficienti perché sicure. Pertanto non credo al ricatto occupazionale e non mi pace nemmeno la considerazione per cui meglio un disoccupato vivo che un occupato morto.

* Magistrato della Corte di Cassazione, professore di diritto della sicurezza del lavoro all'Università degli studi di Milano

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