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Ora Hillary incolpa l'Fbi. E nelle piazze si spara

La Clinton accusa il n°1 del bureau Comey Un ferito a Portland, 200 arresti a Los Angeles

Ora Hillary incolpa l'Fbi. E nelle piazze si spara

New York - Sembrava averla presa bene. Le congratulazioni a Trump, la sconfitta accettata con classe, un discorso senza spigoli per i fans addolorati. Invece quattro giorni e una gita nei boschi dopo Hillary Clinton rosica ancora. Ma stavolta non riesce a tenersi tutto dentro: «Ho perso per colpa dell'Fbi» avrebbe detto durante una conference call con i principali finanziatori della sua causa perduta. Almeno così giurano due degli interlocutori che hanno preso parte alla riunione telefonica. Colpevole che ha un nome e un cognome il direttore dell'Fbi, James Comey, è lui che ha capovolto i pronostici che fino alla fine l'avevano vista in vantaggio. Comey inviò una lettera al Congresso alcuni giorni prima del voto, annunciando la riapertura dell'istrutturia sulle comunicazioni scambiate via mail con un server privato quando era segretaria di Stato tra il 2009 e il 2012. Una settimana dopo aver esaminato le mail però decise di non procedere contro di lei, ma il danno politico ormai era fatto. Così Trump, ha detto Hillary, è stato bravo a trasformare le incursioni di Comey in ottimi motivi per attaccarla.

Insomma l'ha presa male, ma i suoi sostenitori non sono da meno. Da New York a Los Angeles, da Atlanta a Chicago, da Miami a Denver, il popolo che non accetta l'elezione di Donald Trump alla Casa Bianca continua a scendere in strada per gridare la sua rabbia, e la terza notte di proteste fa contare anche il primo ferito. Un uomo è stato colpito da un proiettile a Portland, in Oregon, mentre i dimostranti stavano attraversando il ponte Morrison: dopo una lite un manifestante, un afroamericano sui vent'anni, è sceso da una vettura sparando diversi colpi di pistola prima di darsi alla fuga. La vittima non è in pericolo di vita. Nonostante l'invito delle forze dell'ordine a «lasciare immediatamente la zona», le proteste sono proseguite sino al sorgere del sole. I dimostranti si sono uniti ad un gruppo anarchico iniziando a danneggiare auto ed edifici. Durante i disordini alcuni oggetti in fiamme sono stati lanciati contro i poliziotti, che hanno risposto con lacrimogeni e granate stordenti. A Los Angeles, invece, 200 persone sono state arrestate durante una marcia davanti a City Hall, fermando la circolazione al grido, sulla East Coast, a Miami, i manifestanti hanno bloccato la Interstate 95, ad Atlanta è stata bruciata una bandiera americana mentre a New York, ancora una volta, il popolo contrario al miliardario è confluito per protestare davanti alla Trump Tower, residenza del tycoon sulla Fifth Avenue. E c'è già chi guarda oltre, addirittura dopo l'Inauguration Day del 20 gennaio, quando The Donald si insedierà ufficialmente a Pennsylvania Avenue. Per il giorno successivo è infatti in programma un corteo, la «Marcia da un milione di donne», nato grazie a gruppi Facebook costituiti in 16 stati Le partecipanti si daranno appuntamento al Lincoln Memorial per marciare verso la Casa Bianca e «mostrare pacificamente la disapprovazione verso il nuovo presidente e i suoi valori sessisti». Intanto, Trump non ha escluso la possibilità di chiedere un consiglio all'ex presidente Bill Clinton. Con il marito della rivale Hillary, il re del mattone ha parlato al telefono il giorno dopo il voto: «Ha chiamato lui, non poteva essere più gentile - ha raccontato alla Cbs News - Bill Clinton è un uomo di grande talento, come tutta la sua famiglia.

Di sicuro prenderei in considerazione l'idea di chiedergli un consiglio».

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