Dalla rivoluzione «contiana» alla transizione «draghiana»: lo stop di Beppe Grillo a Giuseppe Conte rilancia le quotazioni dell'ala governista incarnata da Luigi di Maio e completa il processo di normalizzazione del M5s.
L'esecutivo Draghi esce rafforzato dall'esito della guerra Conte-Grillo: è fallito il piano dell'avvocato di assumere la guida dei Cinque stelle per poi sfrattare l'esecutivo guidato dall'ex numero uno del Bce.
Questa sembra essere l'unica certezza: naufragato il progetto Conte-Casalino-Travaglio di logorare Draghi, ora tutti gli scenari sono aperti. In casa grillina si valutano le carte per superare lo stallo. La giornata di ieri è servita per smaltire la rabbia. Grillo è ripartito. Conte si è chiuso nell'abitazione di Roma, trasformata nella sua war room. Lo staff fa trapelare che «Conte parlerà a inizio della prossima settimana». Sulla scena piombano le colombe grilline. Si cerca di trovare un punto di caduta che tenga tutti dentro. In questa direzione va la dichiarazione fatta uscire dallo staff del ministro Di Maio: «Mai come adesso serve compattezza all'interno del Movimento. Dialoghiamo con il massimo impegno e lavoriamo per unire».
Dall'entourage di Conte non arrivano segnali di distensione. Una minaccia più che un'ipotesi concreta.
«Perché - fa notare una fonte grillina di primo piano - è la classica strategia di Rocco Casalino: alzare il prezzo, minacciare l'addio, per incassare di più».
Il ministro dell'Agricoltura Stefano Patuanelli e i senatori Ettore Licheri e Paola Taverna incontrano Conte asserragliato nel suo quartiere generale. Trapela un'ipotesi di compromesso sullo statuto. Il garante (Grillo) conserva un potere vincolante in due casi: alleanze e fiducia al governo. Troppo per Conte, che rispedisce al mittente l'offerta di mediazione messa sul tavolo da parte degli emissari di Grillo. Le strade da percorrere restano tre. Tre scenari per uscire dalle sabbie mobili.
Il primo. Conte conferma l'addio e imbocca una nuova avventura. A quel punto la guida del Movimento passa nelle mani di un reggente. Scartata l'opzione Vito Crimi, che è riuscito nell'impresa di mettere d'accordo tutte le anime del Movimento sul veto al suo nome.
Il nome caldeggiato dall'ala vicina a Di Maio è quello dell'ex ministro dello Sport Vincenzo Spadafora: una figura politicamente forte che dovrebbe traghettare il Movimento verso una nuova fase costituente da tenersi nella prossima primavera Un periodo necessario ad aprire la strada al ritorno di Di Maio. Altro nome che circola per la reggenza è quello del ministro dell'Agricoltura Patuanelli: profilo su cui ci sarebbe il via libera anche del presidente della Camera Roberto Fico.
I fichiani per ora fanno quadrato attorno a Conte. In terza battuta c'è il nome di Riccardo Fraccaro che gode della stima dei gruppi parlamentari.
Il secondo scenario è la riappacificazione Conte-Grillo: ipotesi su cui stanno lavorando i big del Movimento. Bisognerà capire se i due siano disposti a spostarsi dalle rispettive posizioni. Terzo scenario, il più imprevedibile ma che fa impazzire i duri e puri: il ritorno di Beppe Grillo al timone dei Cinque stelle.
Opzione che da ieri sera rimbalza nelle chat dei pentastellati. A quel punto non ci sarebbe più alcun problema: le figure di garante e capo politico saranno riunite nella stessa persona. E c'è chi sogna: con Grillo rientrano anche Di Battista e Casaleggio.
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