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Gli orchi del Parco Verde si giocavano a carte i bimbi

Gli inquirenti indagano su una rete di pedofili nel palazzo di Caivano dove fu uccisa la piccola Fortuna. L'uomo accusato di omicidio nega tutto: "Io, un padre innocente"

Gli orchi del Parco Verde si giocavano a carte i bimbi

Gli orchi del «palazzo degli orrori» si giocavano i bambini a carte. Una ignobile riffa ai tavolini di un «bar» fantasma (tra i casermoni del Parco Verde non c'è nulla, neppure un bar vero) dove i pedofili si riunivano per giocare a carte e - tra una birra e l'altra - mettere in palio carne innocente. Un tavolino e delle sedie portate da casa, lì tra porticati puzzolenti del «non quartiere» di Caivano dove la banda dei mostri la faceva da padrone. Giocavano a scopa (il poker, qui, è considerato roba da signori) e puntavano alto. E quando il denaro finiva, si prometteva in pegno una «fidanzatina» o un «fidanzatino». Retroscena allucinante confermato al Giornale da uno degli uomini che ha scoperchiato il verminaio del Parco Verde. La rete delle baby vittime era ampia, come ampia era la gang dei pervertiti che consideravano un diritto abusare di piccoli, trattati alla stregua di gingilli sessuali. Non tutti i genitori vigilavano, molti erano «distratti». A volte per ignorante ingenuità, altre per colpevole complicità. Una linea di confine difficilmente marcabile, considerato che spesso gli orchi erano parenti o comunque gente «fidata». E un «amico di famiglia» era considerato Raimondo Caputo, il 44enne disoccupato e pluripregiudicato, finito in carcere (insieme con la sua compagna Marianna Fabozzi, ora agli arresti domiciliari) per aver abusato delle tre figliastre (tutte e tre avute dalla Fabozzi da precedenti relazioni). Ora Caputo è anche accusato di aver violentato e ucciso due anni fa Fortuna (Chicca) Loffredo, 6 anni. A incastralo (ma lui si dichiara un «padre innocente») è stata proprio la testimonianza della più piccola delle sue tre figliastre (amichetta di giochi di Chicca) che ha confessato a un'assistente sociale che si occupa del suo recupero psicologico di aver assistito al delitto di Chicca: «Titò (come veniva chiamato Raimondo Caputo) voleva violentarla, ma Chicca non voleva e gli tirava i calci. Allora lui l'ha presa in braccio e l'ha buttata giù. Era presente anche mia madre che poi mi ha detto che dovevo tenere il segreto». La bimba viene ascoltata la fine dello scorso anno in una casa famiglia dove era stata portata dopo l'allontanamento dalla mamma e dal di lei convivente (Raimondo Caputo, appunto): dice di non volere tornare nella sua vecchia casa e che «solitamente dorme con un uomo». Le viene chiesto di disegnare quell'uomo e lei lo fa. Lo raffigura con delle strisce sul volto che somigliano a dei serpenti.

La piccola, anche nella casa famiglia, lamenta dolori nelle parti intime e rivela che li avvertiva anche prima di essere trasferita. A questo punto, su richiesta della consulente, mostra i punti dove veniva toccata dall'uomo che «dormiva con lei». Tutto questo, dice, avveniva «quando la mamma era in casa». «Io glielo dicevo, ma lei rispondeva: stai tranquilla, che poi ti passa». No, quelle cose «non passano» mai.

Gli esami specialistici sulla bambina hanno poi rivelato, inequivocabilmente, i segni degli stupri subìti. Infamità che Caputo avrebbe ripetuto più volte anche su Fortuna Loffredo in un clima di omertà rafforzatosi anche dopo la morte della bambina. Un «volo» dal sesto piano che è la fotocopia di un altro «volo» a seguito del quale, sempre all'interno della casbah del Parco Verde, perse la vita, nel 2013, il piccolo Antonio Giglio, 4 anni. Anche lui figlio di Marianna Fabozzi. Anche lui, si sospetta, vittima della «riffa» dei pedofili che, negli ultimi anni, a Caivano, ha portato in carcere molte persone per abusi su minori. E a tradire la fiducia dei più piccoli ci sono anche le donne, come quella indagata per false dichiarazioni all'autorità giudiziaria per aver fatto sparire la scarpina persa da Fortuna mentre precipitava dal sesto piano. La scarpina era finita sul balcone dell'inquilina, ma lei la gettò tra i rifiuti. Motivo? «Non volevo avere nulla a che fare con le guardie».

Ecco l'aria che tira nel palazzo dell'orrore del Parco Verde, dove perfino l'uomo che per primo soccorse Chicca sfracellata al suolo, è ora in carcere insieme con la moglie. L'accusa per entrambi? Pedofilia.

Un contesto sociale che ha

colpito perfino il presidente della Repubblica, che ieri ha auspicato un'inchiesta «rapida, ampia e severa». Forze di polizia e magistratura finora sono stati impeccabili. A dimostrazione che, anche a Caivano, lo Stato esiste.

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