Roma Cambiano il nome, non la sostanza. Gli «Irriducibili» della Lazio da domani si chiameranno «Ultrà Lazio». La tifoseria resta la stessa, defezioni a parte. Insomma al via il «restyling» per i supporter bianco-celesti della curva Nord dello Stadio Olimpico. Già dal match previsto per sabato, Lazio-Bologna, sparirà lo striscione Irriducibili, un nome che ha accompagnato i supporter, nel bene e nel male, per 33 anni. Il gruppo compare alla chetichella durante la partita Lazio-Padova del 18 ottobre del 1987, una scritta bianca su fondo blu su dieci metri di stoffa. «Un nome che diventerà ben presto il nostro simbolo - si legge sul comunicato ufficiale sul sito La Lazio Siamo Noi - Il nostro guanto di sfida al mondo intero. Come per tutte le cose della vita, esiste un inizio e, inevitabilmente, una fine. C'è un tempo per tutto. Anche su quelle storie fantastiche, gloriose, prima o poi, cala il sipario. L'importante è averle vissute queste storie. Da protagonisti, da leoni, anche pericolosamente. Senza rimpianti, senza rimorsi. E allora, ad maiora Irriducibili!».
Gli Ultrà Lazio, gli ormai ex Irriducibili, ricordano il loro capo storico, Fabrizio Piscitelli, Diabolik, ucciso il 7 agosto con un colpo di pistola alla testa. Un leader noto in tutte le Procure, però, per le indagini sul narcotraffico. Non è un caso che Piscitelli compare su un'ordinanza di custodia cautelare datata 1998, operazione di Ros e Dia «Black Beach», con l'altro «irriducibile» Marco Turchetta, «Granturco» come lo ricordano i camerati della Nord sugli spalti dopo ogni suo arresto. Diabolik e Granturco fanno parte integrante della vita degli Irriducibili. «Proprio così, dopo 33 anni - continua la nota dei nuovi Ultrà Lazio - abbiamo deciso di sciogliere il gruppo che ha scritto pagine importanti di storia, gloriose, che ha semplicemente rivoluzionato il panorama ultras, non soltanto italiano, ma anche internazionale. Un gruppo invidiato dal mondo intero che, purtroppo, ha perso 7 mesi fa uno dei suoi e dei nostri leader più carismatici: Fabrizio. Momenti esaltanti, difficili, giorni felici e tristi. Che ci hanno fatto sentire vivi in un mondo di morti».
Piscitelli viene arrestato assieme a un gruppo di trafficanti di cocaina in guerra già dalla metà degli anni '90 con i camorristi trapiantati a Roma da Afragola, il clan Moccia Magliulo dei fratelli Gennaro e Michele Senese. Diabolik farebbe parte di una batteria di narcos capeggiati, all'epoca, da siciliani del gruppo Triassi-Cuntrera-Caldarella di Siculiana.
Con Piscitelli e Turchetta finiscono in carcere criminali uccisi, in seguito, durante la guerra per la spartizione della piazza. Come Vincenzo «Chicco» Pompei, uomo di fiducia dei Senese, trucidato in un penitenziario brasiliano, Giuseppe «Pino» Scriva, «suicidato» in un campeggio in Sardegna, Giuseppe «Pippo» Blandina, assassinato a Ostia.
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