Padova, scuola d'integrazione al contrario

Padova, scuola d'integrazione al contrario

Su 66 bambini iscritti alla scuola materna, uno solo è italiano. È questo il record dell'asilo statale Quadrifoglio, nel quartiere Arcella a Padova, che ha messo in allarme gli insegnanti e la madre dell'unica alunna, che non è figlia di immigrati.

«Sono molto preoccupata per quello che sta accadendo - spiega la mamma Eleonora Baccaro -. Far partire una scuola intera, con tre sezioni specifiche, con 65 bambini stranieri e uno solo italiano, mi sembra una scelta educativa e didattica sbagliata. Con un rapporto così sproporzionato, non si può più neanche parlare d'integrazione, oppure si dovrebbe parlare solo d'integrazione al contrario, ossia dei bambini italiani all'interno del gruppone degli stranieri». Una riflessione che non c'entra nulla con il razzismo o l'intolleranza verso chi arriva da lontano. «Il problema che pongo è di natura culturale e pedagogica - sottolinea la mamma -. Con così tanti alunni che hanno una conoscenze e abitudini diverse dalle nostre e professano una religione diversa, durante l'anno scolastico è possibile, per esempio, organizzare una recita natalizia ispirata al nostro credo cattolico? No. E così non va bene. Non è per niente corretto e, secondo me, non alcun fondamento scientifico aver messo in piedi una scuola dove c'è un solo bambino italiano».

Anche le insegnanti hanno manifestato seri dubbi per quello che potrà essere il modello educativo e pedagogico della scuola. Ma queste preoccupazioni sono difficile da spiegare a parole, per il timore di essere giudicati razzisti. In questo caso, però, si tratta solo di buon senso, come spiega la coordinatrice del plesso, Gabriella Balbo. «Noi insegnanti - racconta - facciamo il possibile per far stare bene i nostri alunni e assicurare un'educazione ottimale, finalizzata al migliore apprendimento possibile ma in questo contesto, la nostra buona volontà e la nostra efficienza organizzativa non bastano. Il fatto di essere una scuola statale e non comunale, probabilmente, ci danneggia. Come mai, ad esempio, non abbiamo dei facilitatori culturali e dei mediatori linguistici, dei quali abbiamo tanto bisogno?».

Nell'asilo di Arcella, però, il mediatore culturale servirebbe di più per l'integrazione della bimba italiana che per i suoi compagni stranieri. «Spesso - sottolinea un'insegnante - i genitori non parlano neanche l'italiano: il primo giorno di scuola una mamma cinese voleva spiegarci il carattere di sua figlia iscritta al primo anno. Non sapeva una parola, però, della nostra lingua e abbiamo dovuto sudare le proverbiali sette camicie per trovare un'altra madre cinese che ci facesse da interprete». «Il modello di integrazione del governo Renzi è sbagliato - dichiara il sindaco di Padova, il leghista Massimo Bitonci -. Gli alunni italiani non possono essere penalizzati nell'apprendimento, tanto della lingua italiana quanto di altre discipline, dalla presenza massiccia di alunni stranieri. Il caso limite di Padova grida vendetta. E quello che dico non vuole discriminare nessuno.

Per favorire l'apprendimento degli alunni stranieri, quanto di quelli italiani, servono «classi ponte», che consentano ai primi di superare il gap, ai secondi di non maturare ritardi rispetto ai coetanei che frequentano altri istituti».

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