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Il Paese chiede le urne, ma il 30% è indeciso

Gli incerti condizioneranno le elezioni. Disinteresse sul sistema da adottare

Il Paese chiede le urne, ma il 30% è indeciso

Sembra proprio che si vada a votare subito dopo l'estate. Come si sa, i maggiori partiti hanno trovato un accordo di massima sul nuovo sistema elettorale «alla tedesca», che differisce tuttavia sostanzialmente dal modello utilizzato nella Repubblica germanica. Tra l'altro, non abbiamo importato la sfiducia costruttiva nel Parlamento a dimensioni variabili, che ha costituito uno dei fattori fondamentali della stabilità politica della Germania. Ci siamo limitati a replicare un sistema completamente proporzionale, che per una serie di motivi (non ultimo - e poco citato in questi giorni - le sette generazioni di differenza nella base elettorale di Camera e Senato) non favorirà la governabilità del paese.

Di fronte a questo stato di cose, l'opinione pubblica reagisce in modo articolato. La netta maggioranza dell'elettorato segue con totale disinteresse il dibattito sul sistema elettorale da adottare: solo poco meno del 10% dichiara di prestarvi attenzione. Si tratta, certo, di un tema molto complicato e difficile da comprendere. Anche per questo, la decisione sulla nuova normativa di voto resta in fondo alle priorità che, secondo gli italiani, il mondo politico dovrebbe adottare.

Al tempo stesso, se richiesti, gli italiani nella loro maggioranza desiderano andare al voto al più presto. Il ricorso alle urne è auspicato come possibile soluzione ai problemi o, almeno, punto di svolta. Tutti sperano in un esecutivo capace e finalmente efficace.

Ciò nonostante, permane una diffusa indecisione su cosa votare. Almeno il 30% non lo sa ancora. I sondaggi più recenti continuano a mostrare il Pd e l'M5s come primi partiti, seguiti, a distanza da Forza Italia, Lega e altre forze politiche. Ma questi dati sono basati solo su una parte di quanti vengono interrogati nelle ricerche. Saranno gli indecisi a decidere di fatto il vero risultato delle elezioni, influenzati dalla campagna elettorale.

Al di là dell'incertezza sulla decisione di voto, permane comunque nel Paese una diffusa disaffezione verso le istituzioni e in particolare le forze politiche. Il che potrebbe accrescere l'attrazione, nel corso della campagna elettorale, dei partiti populisti. Un loro successo non costituirebbe una sorpresa.

In ogni caso, sulla base dei dati attuali e ipotizzando l'impiego del sistema elettorale preso in considerazione dai partiti maggiori, le uniche maggioranze possibili nel prossimo parlamento sembrerebbero quelle tra Salvini e Grillo, in funzione anti Ue, e quella tra Berlusconi e Renzi. Naturalmente, come osserva D'Alimonte, nessuna forza politica anticipa ora la possibilità di queste alleanze, ma esse saranno l'unica soluzione del dopo.

La maggioranza più probabile è quella derivata da un accordo tra Renzi e Berlusconi, sempre che esso trovi i voti sufficienti nelle Camere. Ciò potrebbe portare ad una stagione di riforme, assolutamente necessaria per il nostro Paese, ma che condurrà inevitabilmente anche a significativi dissensi all'interno dei partiti dei due leader in questione.

Tutto ciò porta a prevedere che i temi principali della campagna elettorale che sta per cominciare verteranno proprio su questa alleanza possibile, sui suoi limiti e sui suoi vantaggi. Accanto a ciò, si parlerà molto del ruolo dell'UE e dell'Euro in particolare, che costituisce il vero differenziale tra la possibile compagine Fi-Pd e l'opposizione costituita da Salvini e Grillo.

L'Europa è effettivamente un tema che sta a cuore dei cittadini del nostro Paese. Anche se è in crescita l'atteggiamento anti-euro (ma non necessariamente anti Ue).

Sarebbe auspicabile, tuttavia, che nella comunicazione dei prossimi mesi si tornasse a parlare, con proposte concrete, anche sulle questioni che tutti i sondaggi lo mostrano - più premono alla popolazione: l'occupazione e la sicurezza.

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