Un Paese fragile ed esposto con una folle burocrazia

Una cifra enorme è stata spesa dallo Stato per le ricostruzioni post sisma. Ma secondo gli esperti sono almeno 12 milioni gli immobili ad alto rischio

Un Paese fragile ed esposto con una folle burocrazia

Roma I terremoti hanno segnato l'Italia. Colpa della posizione geografica, al confine tra la zolla africana e quella euroasiatica, spiegano gli esperti. La frequenza è di un sisma distruttivo ogni cinque anni. Cento all'anno di quelli innocui, percepibili dalla popolazione. Ma la storia del nostro Paese è funestata anche dalle ricostruzioni. Processi lunghi, complicati e frutto di scelte opache.

Alle difficoltà di tipo fisico di un post terremoto, ad esempio il recupero e la ricostruire centri storici semidistrutti e la sostituzione di vecchie case con nuovi edifici antisismici, si sommano gli effetti delle caratteristiche della nostra politica e della burocrazia.

Ricostruzioni dai tempi biblici, continui rifinanziamenti e spese che aumentano di anno in anno senza controllo e senza che le popolazioni colpite ne traggano beneficio.

Mali antichi, riassumibili in due cifre contenute in un rapporto del Consiglio nazionale degli ingegneri. Dal 1968 a oggi i terremoti sono costati 121 miliardi e 608 milioni di euro. Attenzione, è spesa pubblica, non gli effetti sul Pil che si sono fatti sentire su famiglie e imprese, che sono un'altra storia. Soldi stanziati dal 1968 a oggi, attraverso un numero incredibile di leggi e decreti, emanati anche a distanza di 40 anni dal terremoto di cui si occupano. Sono 137 in tutto.

La stima, a costi attualizzati, è precisissima. Il terremoto più oneroso è stato quello dell'Irpinia del 1980. In tutto 52 miliardi stanziati da 33 diverse leggi, che impiegheranno somme fino al 2023. L'ultima legge sul terremoto campano varata è del 2008, 28 anni dopo la tragedia. Ancora più longevo il terremoto del Belice. Prima legge varata nel 1968, anno della tragedia, ultimo provvedimento nel 2007. La spesa complessiva è di 9 miliardi e 179 milioni e avrà effetti fino al 2018. Il sisma che ha distrutto L'Aquila del 2009 è costato 13,7 miliardi, quello dell'Emilia del 2012, 13,3. Quello del Friuli del 1976, 18,5 miliardi, ma ha impegnato solo 9 leggi e gli effetti finanziari si sono fermati nel 2006.

Le ricostruzioni dei terremoti, senza contare le altre calamità naturali, rappresentano una voce importante della spesa pubblica che ha più volte fatto sollevare la questione se ne debba occupare lo Stato oppure, visto che le case sono beni privati, non sia meglio percorrere la strada delle polizze assicurative obbligatorie. Soluzione che finirebbe per fare aumentare le spese che devono affrontare i proprietari di immobili e metterebbe nei guai anche le compagnie assicurative. L'alternativa è quella di un piano generale di messa in sicurezza degli edifici che si trovano nelle aree a rischio. Le più pericolose sono quelle costruite prima del 1974, che sono il 50% del totale.

Sempre secondo il Consiglio degli ingegneri, servirebbero circa 93 miliardi per mettere in sicurezza 12 milioni di immobili che si trovano in zone ad alto rischio terremoti. Meno di quanto ha speso lo Stato per ricostruire.

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