Parisi smonta le riforme renziane

Dalla Scuola al Jobs Act, l'attacco di Mr Chili: "Solo effetti ottici"

Parisi smonta le riforme renziane

Milano - Sale sul palco del glorioso teatro Franco Parenti e a sorpresa si ritrova il microfono in mano. «Stefano Parisi - lo introduce il direttore del Foglio Claudio Cerasa - faccia una domanda a Pier Carlo Padoan». Un attimo di impaccio, poi il rigeneratore del centrodestra formula il quesito: «Ministro ci dica che anche se vince il No non sarà la fine del mondo». Padoan, collegato in videoconferenza e già intervistato in precedenza da Cerasa, sorride. E si congeda con una battuta: «Vedo che più che una domanda questa è una risposta. In ogni caso il No fermerebbe la svolta riformatrice del governo».

Parisi impiega tutta l'ora successiva per smentire questo concetto nel modo più netto: le riforme del governo sono solo effetti ottici. Senza sostanza. E Renzi ha spacciato «molte balle agli italiani. Non si può mancare di rispetto al popolo in questo modo».

Il candidato sindaco non è un clone del berlusconismo, ha un timbro originale e un linguaggio proprio che esprime un mondo. Fin dalla prima tormentatissima disputa: «Io sono per il No non per far cadere Renzi, che deve comunque andare a casa visto ha fallito, ma perché questa riforma è un pastrocchio. E se dovessero prevalere i No non succederebbe nulla, smettiamola di fare terrorismo come sta facendo il premier».

Cerasa gli chiede di immaginare il day after, qualora dovessero spuntarla i No. «Ci vuole un'assemblea costituente - parte pronto - che lavori per 24 mesi sostituendo in toto il Senato. Questo consesso dovrebbe partorire riforme meditate ed equilibrate: la Costituzione, la giustizia che in questo Paese non gira, le macroregioni «perché non ci possiamo permettere il Molise che ha gli abitanti di un quartiere di Milano».

Parla senza alzare i toni, Parisi, ma lancia stoccate a ripetizione in direzione del governo. A cominciare dalla legge sulla «buona scuola», già criticata alla recente convention di Megawatt dove Parisi ha dato la parola a suor Anna Monia Alfieri. «Renzi - attacca il volto nuovo dei moderati, fra gli applausi - ha preso in giro gli italiani, ma quale buona scuola, bastava dire che al centro della riforma non c'erano i ragazzi ma centomila precari da assumere».

Ancora più affilate le critiche su immigrazione e legalità che diventano quasi un controcanto agli slogan renziani: «Invece di perdere tempo sulla flessibilità, con il risultato di non far crescere l'occupazione e di far salire il debito, Renzi imiti la Merkel che ha guidato la Ue all'accordo con la Turchia per fermare i profughi.

Facciamo lo stesso con i Paesi africani, diamo loro i soldi per fermare i flussi, è questa la flessibilità che conta. E quando entrano in Italia, gli immigrati devono rispettare le regole e imparare l'italiano. La strada non può essere quella del multiculturalismo: la prima cultura è la nostra». Una standing ovation chiude la serata.

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