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Part time di Stato e fibra ottica: tra i ministri è ancora febbre da bonus

A giorni la prima riunione sulle 500 proposte per usare i soldi del Recovery fund. Bruxelles teme una pioggia di mancette

Il ministro della Salute, Roberto Speranza
Il ministro della Salute, Roberto Speranza

Antonio Signorini

Da Bruxelles arrivano messaggi quotidiani, in chiaro e non. La paura (quasi certezza per gli italiani che lavorano per le istituzioni Ue) è che il governo non solo sprechi l'occasione del Recovery fund per recuperare il gap di competitività con gli altri paesi europei. Ma che i soldi dello stesso «Next generation Eu», alla fine entrino nel calderone dei benefit e trasferimenti, che non generano ricchezza e creano dipendenza tra chi li riceve.

Quanto la maggioranza tenga ad annunciare misure gradite a cittadini ed elettori, è dimostrato dal post su Facebook del ministro alla Sanità Roberto Speranza (nella foto) sull'abolizione del supertiket decisa con le legge di Bilancio e che entra in vigore a settembre. «Ogni volta che una persona non si cura come dovrebbe per motivi economici siamo dinanzi a una sconfitta per tutti noi e a una violazione della Costituzione», ha scritto.

Decisione già presa e finanziata. Probabilmente non sarebbe passata in tempo di covid e sforzi extra per il sistema sanitario. Tantomeno con il fermo rifiuto del governo a ricorrere al prestito del Mes, destinato proprio alla sanità.

Le preoccupazioni dell'Europa riguardano comunque le spese future. In particolare i 209 miliardi del Recovery fund e il pressing più pesante da Bruxelles arriva paradossalmente dal commissario europeo agli Affari economici Paolo Gentiloni.

I dubbi sono innanzitutto sul metodo. Nei prossimi giorni si riunirà il Comitato interministeriale per gli Affari europei, istituito presso il ministero per gli Affari europei, ma convocato dal presidente del Consiglio. Dovrà vagliare e selezionare entro il 15 ottobre le proposte dei ministeri su come spendere le risorse europee a sostegno dell'Italia, tra prestiti e trasferimenti. Che hanno già ampiamente superato quota 500 (gli ultimi conteggi le davano a 534 proposte).

Più che una strategia per rendere il paese competitivo - era la battuta che circolava in ambienti parlamentari - sembra l'elenco degli emendamenti ad una legge di stabilità. Tanti microinterventi, per cifre molto basse. Poca strategia.

Il tutto di fronte a una crisi strutturale dell'economia italiana, come confermano dati diffusi ieri da Unimpresa sul Pil del 2020, che tornerà sotto i livelli del 2000, con la differenza che in quegli anni la crescita si avvicinava al 4% annuo.

Alcune misure, per ora solo annunciate, non sono in linea con le priorità di Bruxelles, cioè innovazione e sviluppo sostenibile.

Una tra tutte, una sorta di ammortizzatore sociale che permetta alle aziende di tagliare l'orario di lavoro ai dipendenti, mantenendo lo stesso livello di salario, a patto che facciano assunzioni. In sostanza, lavorare meno, lavorare tutti a parità di salario, come si diceva negli anni Settanta.

La decisione ultima spetta al premier Conte. E, per una volta, il fatto che il potere di selezionare sia concentrato su una persona non è una garanzia. I ministeri stanno facenddo pressioni su Palazzo Chigi ed è iniziata di fatto una trattativa sulle risorse.

Tra i progetti sui quali si registra un consenso vasto, c'è il destinare parte delle risorse europee alla rete unica Cdp-Open Fiber- Tim.

«Una opportunità, ma anche un rischio visti i risultati di Open fiber», ha protestato ieri la capogruppo alla Camera di Forza Italia Mariastella Gelmini.

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