
Sette, otto mesi fa il ministro Gilberto Pichetto azzardò una battuta tra il serio e il faceto a proposito delle stravaganze di Donald Trump: "sembra un novello Nerone". Dopo circa trecento giorni, purtroppo, quella battuta volge più verso il serio che non il faceto. La cronaca delle ultime 48 ore è a dir poco - per usare un eufemismo - pittoresca. L'uomo che è convinto di meritare il nobel della pace sostiene che gli aerei russi che sconfinano nei cieli Nato andrebbero abbattuti: magari è nel "giusto" ma con lui le parole non si sa mai se hanno il "giusto" peso. Non basta. Dopo aver fatto una scenata a Zelensky alla Casa Bianca mettendolo al muro con una frase cruda "non hai le carte", ora sostiene che l'Ucraina potrebbe sconfiggere la Russia e non avrebbe bisogno neppure degli Usa ma basterebbe il sostegno dell'Europa.
E ancora. Ha minacciato per mesi sanzioni letali di cui non si è vista l'ombra per costringere Putin alla pace, e poi da un giorno all'altro, con la rapidità di un rapace, ha annunciato dazi al 100% sui medicinali, al 50% sui mobili e al 25% sui camion: provvedimenti che se riguardassero la Ue inguaierebbero gli alleati europei e in particolare modo - visti i prodotti interessati - l'Italia. Infine per non deludere nessuno The Donald ha rimosso dalla galleria dei suoi precedessori alla Casa Bianca la foto di Joe Biden (neppure Nerone arrivò a tanto con chi si era seduto prima di lui sul trono dei Cesari) e ha caldeggiato l'incriminazione dell'ex-capo della Fbi, James Comey, perché indagò su di lui per il Russiagate (operazione questa invece degna di Nerone).
Tante sortite una dopo l'altra, tanti colpi di scena da far venire l'ansia. Indirizzi di marcia che durano meno di 24 ore. Imprevedibile al punto da mandar nel panico tutti gli analisti che ne soppesano le mosse per scrutarne la strategia. Anche se a molti sorge il dubbio - ma nessuno ha il coraggio di dirlo - che la strategia non ci sia. La prova del nove è nelle decine di volte in cui ha annunciato la pace in Ucraina e in Palestina per poi liquidare quelle speranze con la frase di rito mi "hanno deluso" rivolta a turno a Putin o a Netanyahu.
Ora se The Donald fosse un'artista per la sua fantasia potrebbe gareggiare con Dalì. Se fosse solo un miliardario potrebbe gareggiare per eccentricità ed ego con Elon Musk, con Onassis o con Paul Getty. Ma è il Presidente degli Stati Uniti, l'uomo più potente del mondo, che guida il Paese che era l'asse portante dell'ordine mondiale fino a ieri. Cioè fino quando non ha varcato lui il portone della Casa Bianca visto che nel giro di nove mesi con la sua politica ha diviso l'Occidente, ne ha messo a dura prova l'autorevolezza e ha fatto perdere influenza alle democrazie in favore delle autocrazie. Un po' come la smarrì l'Impero ai tempi in cui Nerone si trastullava con la lira e bruciava Roma.
Certo la speranza è l'ultima a morire. È possibile che da un giorno all'altro - il personaggio ama i coup de théâtre - Trump torni ad interpretare quel ruolo che si addice ad ogni presidente americano, quello di campione delle democrazie. Solo che nel frattempo l'Europa visti i tempi bui, aspettando che The Donald rinsavisca, farebbe bene a contare solo sulle proprie forze. A strutturarsi politicamente e militarmente sapendo che siamo l'ultimo lembo del globo dove si coltivano e si custodiscono gelosamente i valori di democrazia e di libertà. Con il traffico di droni e di caccia che intasano i cieli europei francamente non c'è tempo da perdere.
Una riflessione su cui dovrebbe cimentarsi pure la nostra premier: con "Sleepy Joe" Biden, che non aveva scelto ma si era ritrovato, alla fine tra mille differenze la Meloni aveva instaurato un "modus vivendi" di comune soddisfazione; il Nerone di Mar-a-Lago, che invece si presentava come un'occasione da non perdere, gli ha dato soprattutto gatte da pelare. E potrebbe diventare addirittura un problema.