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Una partita tutta interna alle coalizioni: i riflettori sono accesi su Lega e Pd

L'esito è quasi scontato: ma si capirà quanto vale la linea sovranista di Salvini e la solidità della leadership di Schlein

Una partita tutta interna alle coalizioni: i riflettori sono accesi su Lega e Pd
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L'unico dato di queste elezioni regionali che riguarda tutti è l'ennesimo calo d'affluenza: sicuramente se una parte dell'astensionismo tornasse alle urne sarebbe rivoluzionata l'intera geografia politica. Ma si tratta di un'ipotesi remota, restando ad oggi tutte e tre le regioni (Veneto, Campania, Puglia) hanno il risultato scontato, in caso contrario anche se solo uno dei pronostici non fosse rispettato verrebbe giù il finimondo. Si tratta quindi di una competizione tutta interna agli schieramenti e in un caso, il Veneto, dentro un partito, cioè la Lega. Nella regione che rappresenta il nord-est italiano dentro il centro-destra si capirà se il Carroccio perderà anche l'ultimo caposaldo, cioè se Fratelli d'Italia effettuerà il fatidico sorpasso. È un dato non indifferente per la stessa postura della coalizione su un interrogativo: quale ruolo può premiare di più la Lega dentro il centro-destra? La Toscana ha dimostrato che la svolta a destra esasperata modello Vannacci non è trainante per il Carroccio. Se in Veneto Luca Zaia riuscisse a scongiurare il sorpasso del partito della Meloni e nel contempo avesse un risultato personale eclatante, che superi i 150-200 mila voti personali, dentro la Lega ci sarebbe molto da riflettere sulle due possibili opzioni: e cioè se vale la pena insistere sull'opzione sovranista e populista radicale, che punta a posizionare il partito a destra di Fdi con una vena di anti-europeismo marcato e facendo l'occhiolino sulla vicenda Ucraina ad Orban e a Putin; oppure se il movimento trarrebbe più linfa sul piano dei consensi dal pragmatismo dell'ala rappresentata dai governatori (Fontana, Fedriga e, appunto, Zaia) o dal rigore economico del ministro Giorgetti. È una questione sempre rinviata che però rischia di impedire al partito di dispiegare le sue potenzialità: ad esempio, in bilico tra le due posizioni la Lega stenta a rivendicare l'upgrade concesso dopo 23 anni da Moody's all'Italia merito - va riconosciuto - della politica del ministro dell'Economia ma che grazie all'indeterminatezza del Carroccio finisce per nutrire solo la popolarità della Meloni. Ed è una questione che vista l'impermeabilità dei partiti alle istanze interne, può essere risolta solo dai risultati elettorali.

Discorso simile, cioè sulla contraddizione tra consenso elettorale ed equilibri dentro i partiti, si può fare pure per il cosiddetto "campo largo" e per il Pd targato Schlein. In Campania va in scena la prima volta di un grillino che guida lo schieramento di centrosinistra con Roberto Fico: ci sarà da scoprire se è uno schema premiante o no. Un interrogativo che pesa anche sulle ambizioni di premiership di Giuseppe Conte. Altre domande a cui i risultati di oggi dovranno dare una risposta: quanto vale la linea di Elly Schlein sul piano elettorale? Nel partito, nella base identitaria, la segretaria è forte ma lo è ugualmente quando deve convincere l'intero Paese? Ogni volta che si vota, infatti, i candidati dell'area riformista dimostrano di avere più consenso. Un consenso a cui andranno aggiunti i risultati che faranno la lista dei seguaci di Vincenzo De Luca ("A testa alta"), che ha avuto un rapporto difficile con la linea politica imposta dalla segretaria, e i riformisti dell'ala moderata della coalizione, renziani in testa, che nelle precedenti elezioni regionali hanno dimostrato di avere un certo seguito. Mettendo insieme tutti questi risultati si capirà dove deve collocarsi il "baricentro" della coalizione per essere vincente anche alle prossime politiche.

A chiarire il rebus contribuiranno anche le elezioni in Puglia su cui si misureranno le ambizioni di un altro nome di scuola "riformista", Antonio Decaro. Se il risultato del candidato a governatore del campo largo si rivelasse eclatante il suo nome si aggiungerebbe al nutrito gruppo di alternative alla Schlein: dai sindaci Salis e Manfredi, a Conte e, appunto Decaro, per non parlare di quel Ruffini che come dimostra l'ultima polemica Palazzo Chigi-Quirinale è nel cuore di tutti gli uomini del Presidente.

Insomma, della serie: per Elly gli esami non finiscono mai.

E magari qualche ragione c'è: ma vi pare possibile che la sacerdotessa della cultura woke, del femminismo, dell'ecologia si possa far scippare da Matteo Salvini la battaglia contro il giudice che ha tolto alla coppia bucolica, agli elfi di Chieti la patria potestà sui loro bambini? Il problema è sempre lo stesso: la sinistra è concentrata solo sul proprio ombelico.

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