Il partito contro la May: "Morta che cammina". E Trump stoppa la visita

Il conservatore George Osborne spara a zero Lo staff della premier: il presidente Usa verrà

Il partito contro la May: "Morta che cammina". E Trump stoppa la visita

Londra - Rivelazioni e smentite, ultimatum e dimissioni, voci di corridoio e prese di posizione ufficiali. È tutto un rincorrersi frenetico di notizie e nulla sembra ormai certo in Gran Bretagna mentre Theresa May sotto assedio tenta di mettere insieme uno straccio di governo. Dopo aver dato il benservito ai due consulenti della sua disastrosa campagna elettorale, la Premier britannica si è subito messa al lavoro per assicurarsi un accordo accettabile con gli unionisti irlandesi che le garantiranno la maggioranza, seppur risicatissima, in Parlamento. Lei dunque non molla, ma sono in molti a darla ormai per spacciata. «Una morta che cammina» ha detto di lei ieri l'ex tesoriere conservatore George Osborne, fidato braccio destro di Cameron ed ora direttore dell'Evening Standard. Le sue parole, nell'intervista televisiva di Andrew Marr, sono state taglienti. Parafrasando la condizione della May a quella dei condannati alla pena capitale ha aggiunto: «Adesso dobbiamo soltanto vedere quanto rimarrà nel braccio della morte. Penso comunque che lo sapremo molto presto, già a metà della prossima settimana è possibile che tutto collassi». Secondo il Mail on Sunday Boris Johnson, attuale ministro degli Esteri, si starebbe già riscaldando, pronto a sostituirla. Lui però smentisce tutto. «Sciocchezze, ha replicato ieri - io sostengo May, andiamo avanti con il lavoro».

Secondo il tabloid il Primo Ministro starebbe subendo pressioni fortissime da parte di alcuni ambienti conservatori che vorrebbero «un Brexiter, qualcuno che possa parlare e connettersi con la gente come ha fatto Jeremy Corbyn». E proprio Corbyn, forte del suo inaspettato successo di consensi, si dichiara pronto a servire il Paese anche subito preannuncia battaglia in Parlamento sul programma di governo che giungerà alle Camere il 18 giugno. Intanto i sondaggi danno voce al malessere del momento. Survation sostiene che il 49% degli elettori vogliono le dimissioni di May e solo il 38% ritiene che debba rimanere al suo posto. E siccome le disgrazie non arrivano mai da sole, ieri il Guardian ha rivelato che Trump ha congelato la sua visita a Londra preoccupato delle manifestazioni contro la sua persona che si starebbero organizzando. Il giornale avrebbe riferito i contenuti di una conversazione telefonica tra Trump e la May che sarebbe avvenuta già una settimana fa. Nel pomeriggio di ieri però anche su questo arriva la smentita di Downing Street che assicura come tutto stia procedendo secondo i piani. Una smentita quasi d'obbligo, vien da pensare, per evitare che l'opinione pubblica sia portata a credere che perfino l'alleato principale del Regno Unito preferisca starsene alla finestra in attesa che la situazione si faccia più distesa. Ipotesi ragionevole dato che in questo momento, le trattative per raggiungere un accordo con il Partito Unionista Democratico non rendono le cose più semplici.

I colloqui continueranno per tutta la settimana, dato che per ora esiste soltanto una convergenza d'intenti. Il ministro della Difesa Michael Fallon ha comunque dichiarato che non si tratterà di un vero e proprio accordo di coalizione, quanto di un'alleanza parziale sui temi della sicurezza e dell'economia.

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