Roma Sono le imprese ad aprire il primo fronte economico antigovernativo del 2019 focalizzando l'agenda politica su temi che il governo gialloverde ha trascurato e che rischiano di creare un ulteriore deficit di competitività del sistema-Paese. Le priorità sono due: la ripartenza delle grandi opere per creare posti di lavoro veri e il taglio del cuneo fiscale per facilitare le assunzioni. A farsi nuovamente portavoce di queste istanze è stato il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, che in un'intervista al Corriere della Sera ha ribadito che «nel Paese c'è una grande emergenza che si chiama lavoro: occorre trovare soluzioni, creare occasioni di lavoro» ricordando che «in Italia sono bloccate 27 grandi opere al di sopra dei 100 milioni il cui riavvio darebbe lavoro a 400mila persone con una ricaduta sull'economia di 86 miliardi». Insomma, l'occupazione è «la prima elle emergenze» perché «solo nel settore delle costruzioni sono stati persi oltre 600mila posti dall'inizio della crisi», come segnalato dall'Ance.
La derivata prima di queste affermazioni è la sostanziale bocciatura del reddito di cittadinanza che «dovrebbe aiutare le famiglie in fascia reale di povertà» mentre «occorre evitare abusi e sincerarsi che non sia un disincentivo al lavoro: paradossale che si possa rinunciare a due/tre proposte di lavoro in un Paese in piena emergenza». Dunque, anche la possibilità di destinare parte di quelle risorse alle imprese per la formazione e l'assunzione di disoccupati è vista come inutile. Al contrario, ciò che servirebbe veramente è il taglio del cuneo fiscale «che tra tasse e contributi incide per oltre il 70%». A questo dovrebbe accompagnarsi «la detassazione e decontribuzione totale dei premi di produzione per i contratti di secondo livello aziendale: elementi che eleverebbero il netto in busta dei lavoratori cui andrebbe completamente a favore come indicato nel patto della fabbrica sottoscritto con Cgil, Cisl e Uil». Il terzo pilastro di questo progetto è «un grande piano di inclusione giovani con la decontribuzione e la detassazione totale per le assunzioni a tempo indeterminato: così si può affrontare l'emergenza lavoro guardando oltre la manovra perché molte misure non impattano sul primo anno».
Si tratta, perciò, di un vero e proprio programma politico che, con gli opportuni distinguo, ha molti punti di contatto con quello elettorale del centrodestra. Non è azzardato, perciò, dedurre che a essere chiamato in causa non sia soltanto il ministro del Lavoro e dello Sviluppo, Luigi di Maio, ma anche la componente leghista dell'esecutivo che dovrebbe avere nelle proprie corde queste sensibilità e che invece starebbe tradendo la propria mission. Ma se il Carroccio tace per evitare nuove frizioni interne ed esterne, è stato il vicepremier pentastellato a replicare a Boccia. «Quando pensioniamo con quota 100 centinaia di migliaia di italiani e, allo stesso tempo, con gli investimenti nel dissesto idrogeologico e nelle infrastrutture creiamo nuovi posti di lavoro, ci dobbiamo anche chiedere se le persone siano formate per quei posti», ha chiosato aggiungendo che «per questo motivo dobbiamo formarle per inserirle e il sistema si chiama reddito di cittadinanza».
L'insistenza sulle premesse, ossia sul sussidio universale di disoccupazione, indica la volontà di non cedere alle richieste delle imprese. È probabile, pertanto, che l'iniziativa «politica» di Confindustria si tramuti in una vera e propria sfiducia al governo.
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