Partygate, BoJo si scusa ma non molla

"È stato un errore di giudizio". Ma i laburisti volano nei sondaggi

Partygate, BoJo si scusa ma non molla

Una dichiarazione di scuse senza riserve, ripetuta senza sosta, per decine di volte. È quella espressa ieri dal Premier britannico Boris Johnson di fronte al Parlamento dinanzi al quale si è presentato per la prima volta dopo essere stato multato per aver violato le regole del lockdown. Reduce da un lungo meeting con il governo svoltosi in mattinata, Johnson non è però riuscito ad evitare che le Camere decidessero se è il caso oppure no di deferirlo alla Commissione Parlamentare interna che si occupa delle violazioni del comportamento etico dei deputati, attraverso il voto su una mozione presentata dai laburisti che avrà luogo domani. «Mi rendo conto che le persone si aspettano di meglio da un primo ministro», ha detto Johnson rinnovando la sua mortificazione per quello che però continua a definire «un errore di giudizio». La versione di BoJo rimane infatti la stessa: non mi ero reso conto di violare le regole e quindi non ho mai mentito quando ho detto che a Downing Street tutto si era svolto in modo appropriato. Per la stessa ragione il premier intende rimanere saldamente al suo posto, soprattutto adesso che deve «continuare il lavoro iniziato con la crisi ucraina». La guerra è stata utilizzata anche questa volta da Johnson per allontanare lo spettro delle dimissioni che sono state richieste ad alta voce dai banchi dell'opposizione anche durante i primi minuti della sua relazione. Ma la difficile posizione del premier ha anche consentito al leader laburista Keir Starmer di assicurarsi un certo vantaggio politico sugli avversari, che gli tornerà sicuramente utile alle prossime amministrative del 5 maggio. «Che scherzo! - sono state le prime parole pronunciate da Starmer all'inizio del suo intervento -. La gente ha ormai già capito e non crede a una parola di quello che Johnson ha detto. Perché lui è disonesto, incapace di cambiare e trascina chiunque a fondo con lui». Lo spettro del Partygate ha continuato ad aleggiare anche quando il dibattito parlamentare si è spostato alla tragica situazione in Ucraina e ai problemi nazionali legati alla crisi energetica, all'aumento vertiginoso del costo della vita e alle azioni messe in campo per smorzarne le conseguenze sui cittadini. Sempre ieri il ministro agli Interni Priti Patel ha affrontato la spinosa questione del nuovo piano di trasferire in Ruanda i migranti illegali. Secondo la laburista Yvette Cooper il piano del governo «non farà che peggiorare il problema del traffico di esseri umani». «Lo Stato di Israele aveva licenziato uno schema simile - ha raccontato Cooper - ma la tratta è proseguita, anzi peggiorata».

E particolarmente scettica si è detta anche Theresa May, che in passato è stata per anni ministro degli Interni dei Tories. Secondo lei, il sistema della collega Patel presenta problemi sia pratici che legali. E non sarebbe per nulla efficace.

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