Coronavirus

Partygate, Johnson multato ma resta

Il premier inglese si scusa. Ma torna il pressing per le sue dimissioni

Partygate, Johnson multato ma resta

No party, no multe. Alla fine, con tutto quello di cui c'è d'occuparsi in questo periodo, ci aveva creduto persino il governo: il partygate sembrava finito nel dimenticatoio e invece, eccoti il colpo di scena. Scotland Yard sferra l'attacco finale e invia cinquanta multe per la violazione delle regole anti Covid tra cui tre destinate al Primo Ministro inglese Boris Johnson, a sua moglie Carrie e al Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak. Downing Street l'ha comunicato dopo aver ricevuto la conferma dalla polizia. Johnson spiega subito: «Ho pagato la multa. E mi scuso ancora una volta».

Ma a questo punto la faccenda - che in tempi di guerra potrebbe assumere i contorni patetici di una barzelletta poco umoristica - si fa seria. Non solo perché a essere colpiti dalle sanzioni (insignificanti dal punto di vista pecuniario, dato che vanno dalle 20 alle 50 sterline) sono due esponenti di punta dell'esecutivo, ma anche perché si tratta dei due maggiori attuali candidati alla leadership del partito di governo.

I festini finiti sotto la lente d'ingrandimento di Scotland Yard erano in tutto 12, alcuni dei quali si erano svolti nel giardino del numero 10 di Downing Street e uno nella residenza di Johnson, al numero 11. La notizia dell'arrivo delle sanzioni è rimbalzata ieri pomeriggio sulle breaking news di ogni sito britannico, le principali emittenti televisive, Bbc in testa, hanno avviato una diretta, mentre giornalisti e curiosi si assiepavano nei pressi dei «luoghi del delitto». Immediatamente è partito anche l'affondo dell'opposizione, che ha rinnovato la richiesta di dimissioni del Premier. «Questa è l'ultima prova che getta alle ortiche la difesa del Primo Ministro - ha dichiarato ieri alla Bbc il leader laburista Keir Starmer - Aveva detto al Paese, lo aveva ripetuto al Parlamento, che tutte le regole erano state seguite alla lettera a Downing Street, nel luogo dove vive e lavora. E adesso è ovvio che proprio lì c'era criminalità diffusa. Temo che questo porti a mettere di nuovo in discussione l'onestà e l'integrità del primo ministro - ha concluso Starmer - che si era alzato di fronte a noi dicendo che non era accaduto nulla. È ovvio che aveva torto e questo ha un impatto negativo sul Premier». Nessuna pietà neppure da parte del Primo Ministro scozzese Nicola Sturgeon, affiancatasi a Starmer nella richiesta di immediate dimissioni. «Boris Johnson deve lasciare - ha dichiarato - ha violato la legge e mentito ripetutamente sulle violazioni. I valori basici di decenza e integrità, essenziali al buon funzionamento di qualsiasi democrazia parlamentare, richiedono le sue dimissioni. E Johnson dovrebbe portarsi dietro anche il suo tesoriere». È probabile che a pensarla così siano ormai in molti, visto che Sunak è già nell'occhio del ciclone per non aver mai dichiarato che la moglie non pagava le tasse nel Paese.

Nel frattempo, i conservatori già ostili al Premier si preparano a rimettere mano alle lettere di sfiducia a cui avevano temporaneamente rinunciato a causa della crisi ucraina.

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