Il pasticcio della tassa Airbnb. "Impossibile da applicare"

I "property manager" smontano la norma sugli affitti brevi: è piena di sviste. E così pagherebbero in pochi

Il pasticcio della tassa Airbnb. "Impossibile da applicare"

Capita spesso alle norme anti evasione fiscale italiane. Sono annunciate come soluzioni ammazza-sommerso, ma poi mancano clamorosamente l'obiettivo moralizzatore mentre riescono perfettamente a complicare la vita a chi cerca di restare dentro le regole. Il rischio è altissimo con la famosa «norma Airbnb» contenuta nella manovrina del governo. L'obiettivo è quello di impedire ai proprietari o gestori delle case vacanze di non dichiarare le somme incassate, utilizzando i portali commerciali online, come appunto Airbnb, Homeaway o Booking.com come sostituto di imposta. Dovrebbero essere loro, a partire da luglio, a incassare l'imposta sostitutiva da cedolare secca al 21% per poi girarla al fisco. Impossibile scappare, in teoria. Il boccone per il fisco italiano è ghiottissimo. Ora le entrate fiscali da affitti turistici con cedolare secca sono inferiori ai 100 milioni di euro. Con la nuova legge il governo conta come minimo di triplicare le entrate.

Ma pratica è molto diversa, spiega, Stefano Bettanin presidente dell'associazione Property Managers Italia. Intanto non è chiaro chi dovrà raccogliere l'imposta. E dentro questa ambiguità ci potranno sguazzare in tanti. Gli stessi marketplace online del turismo non sono citati nel provvedimento.

«Nella legge sono citati solo gli intermediari immobiliari che svolgono locazioni brevi attraverso i portali. Ma nel settore ci sono molti player, dai portali ai gestori agli intermediari». Per come è scritta la norma gli unici che rischiano di dovere pagare sono gli gli agenti immobiliari. Che in realtà nelle locazioni turistiche hanno un ruolo sempre meno centrale.

Nelle intenzioni del governo dovrebbero pagare proprio i portali. Ma non è detto che lo facciano. Nei giorni scorsi il country manager per l'Italia di Airbnb Matteo Stifanelli ha detto che il sito non potrà svolgere il ruolo di sostituto di imposta, ma di «agente contabile». Una distinzione un po' criptica che nasconde uno dei nodi principali. Nessuna della grandi piattaforme turistiche online ha sede fiscale in Italia o una divisione italiana. Difficile chiedergli di aprire i battenti in un paese poco attraente come il nostro, per avere il ruolo di esattore.

Facile quindi che i portali si sottraggano. Anche perché dal punto di vista pratico realizzare i sogni del ministro Pier Carlo Padoan non è così semplice. I portali online offrono ai proprietari la possibilità di utilizzare i loro servizi di pagamento. Ma non c'è l'obbligo. In molti casi svolgono solo la funzione di mettere in contatto proprietario e affittuario e in questi casi non è chiaro a chi avrà l'obbligo di raccogliere le imposte.

Anche la definizione di affitti contenuta nel decreto può complicare l'applicazione della norma. Si parla genericamente di locazioni inferiori ai 30 giorni. Molte di quelle turistiche sono superiori. E poi c'è il rischio di includere solo le locazioni brevi e, paradossalmente, non le strutture ricettive extra alberghiere.

Una regolamentazione secondo Bettanin è comunque necessaria. «L'italia è il terzo mercato al mondo, i gestori non vogliono evitare il problema, serve una collaborazione con lo stato per regolamentare il settore». Per i gestori fare da sostituti di imposta sarebbe «uno sforzo non indifferente», ma «se questo è il prezzo per evitare la concorrenza sleale, lo paghiamo volentieri. A patto che tutti facciano la loro parte».

L'associazione dei gestori ha anche una proposta sull'aliquota prevista dalla legge. È la cedolare secca, di fatto già prevista per le locazioni turistiche, ma formalizzata in una legge.

«Sarebbe stato meglio differenziarle in scaglioni, partendo da un 10 per cento per certe categorie. Ad esempio proprietari con bassi redditi, immobili in borghi storici da valorizzare, zone terremotate». Sempre che si riesca a trovare qualcuno disposto a fare da sostituto di imposta.

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