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Pastori vittime pure delle coop. La protesta agita Montecitorio

Gli allevatori all'angolo: le loro cooperative accettano i prezzi bassi del latte. Salvini li riceve, soluzione lontana

Pastori vittime pure delle coop.  La protesta agita Montecitorio

«Il prezzo lo fanno in pochi. Prendono alla gola l'allevatore singolo che in autunno ha necessità di un po' di liquidità, gli danno magari qualche migliaia di euro di caparra e lui non ha più nessun potere contrattuale», accusa Battista Cualbu, presidente di Coldiretti Sardegna, dalla piazza della protesta dei pastori sardi che ieri è arrivata fino a Roma in piazza Montecitorio. Una delegazione - insieme a un'altra di olivicoltori colpiti dalla Xylella - è stata ricevuta dal ministro Matteo Salvini, che ha annunciato per domani la convocazione di un tavolo al Viminale: «Obiettivo: risolvere il problema entro 48 ore», ha detto, bypassando di fatto il premier Giuseppe Conte che aveva annunciato un incontro per il 21 febbraio.

Ma se il dito dei manifestanti è puntato contro «gli industriali» e le aziende di trasformazione che «fanno il prezzo», allora dovrebbe essere puntato per il 60% contro le cooperative sarde, di cui fanno parte gli stessi allevatori e pastori. Questa è infatti la quota di mercato del pecorino romano in mano alle coop dell'isola, mentre il restante 39% è appannaggio di privati, che vengono accusati di fare «cartello» per fissare al ribasso il prezzo del latte, caduto a 60 centesimi al litro. I pastori però lo vendono a entrambe, sia a industrie che a cooperative. Le quali fissano un prezzo di acconto per ogni litro acquistato e alla fine dell'anno fanno un conguaglio in base alla produzione. «Le coop si accodano al prezzo che fa il privato», giustificano i pastori. Ma è proprio anche alle cooperative, oltre che alle imprese, che si rivolge la stessa Coldiretti: «Per almeno tre mesi alzino il prezzo dell'acconto per i propri soci».

«Migliaia di aziende di famiglia rischiano di chiudere - gridano in piazza gli allevatori - perché il prezzo dal latte di capra a 60 centesimi non è sostenibile, occorre arrivare almeno a un euro». Tra le richieste «immediate» c'è quella di commissariare il Consorzio di tutela del Pecorino Romano Dop, composto dagli stessi trasformatori del latte, che dovrebbe vigilare sul rispetto delle soglie di produzione del formaggio stabilite per scongiurare la sovrapproduzione. Quella che invece ha mandato in crisi gli allevatori: «Ci vuole un commissario antimafia che vada a verificare il perché di questa situazione, stabiliscono una quota di produzione che poi loro stessi non rispettano perché c'è una penale ridicola di 16 centesimi».

Mentre ieri a Roma andava in scena la rabbia dei pastori, l'europarlamentare di Forza Italia Salvatore Cicu la portava a Strasburgo: «È intollerabile che un litro di latte venga paragonato a un litro d'acqua». Di fronte a un milione di litri (stima di Coldiretti) sprecato, è arrivato poi l'appello dell'arcivescovo di Cagliari, monsignor Arrigo Miglio: «Esiste la possibilità di fare donazioni a tante realtà che aiutano i poveri. Alcuni pastori lo hanno fatto. La protesta può essere vibrante senza sprecare il latte». Ieri sono continuate le manifestazioni in Sardegna, soprattutto nella parte sud-orientale dell'Isola.

Attività commerciali chiuse per solidarietà a Nuoro. Tra i difensori i pastori hanno trovato anche Flavio Briatore: «È giusto che il prezzo del latte sia corretto». E l'onda si è estesa da Roma anche alla provincia di Latina.

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