I n questi giorni difficili si parla molto del ruolo che la Rai, in quanto servizio pubblico, dovrebbe svolgere a supporto della scuola italiana costretta ad una forzata chiusura per l'emergenza Coronavirus.
Troppo spesso si fa riferimento alla storica esperienza del maestro Manzi, lo straordinario divulgatore che negli anni 60 con il suo programma «Non è mai troppo tardi» insegnò a molti italiani a leggere e a scrivere. Quel programma, che ha segnato la storia della televisione italiana, era lo spin-off di un altrettanto storico programma, «Telescuola», che la Rai mise in onda dal 1958 su idea di Maria Grazia Puglisi, grande innovatrice del servizio pubblico.
L'Italia di allora non era quella di oggi; e neppure la scuola lo era. Quella era un'Italia ancora rurale, con altissimi tassi di analfabetismo e, ricordiamolo, con una scuola dell'obbligo di fatto limitata alle elementari (nonostante la riforma Gentile la posizionasse fino ai 14 anni) e in cui solo il 30% degli italiani raggiungeva la licenza media.
Oggi, i programmi scolastici italiani sono di complessità enorme e devono rispondere alla varietà dei cicli scolastici e della didattica articolati per età e corsi di studio. Per questo la Rai, già da fine di febbraio, ha dotato insegnanti e studenti di strumenti multimediali per integrare le lezioni a distanza che molte scuole svolgono; ha potenziato i suoi canali RaiScuola, Rai Storia e Rai Cultura con appositi palinsesti adattati alle esigenze didattiche degli studenti delle scuole medie e superiori e per la formazione degli insegnanti; sulla piattaforma web, con il progetto #LaScuolanonsiferma, ha prodotto oltre 1000 Lesson Plan per la didattica a distanza, suddivisi su 4 aree tematiche: umanistica, scientifica, linguistica e tecnologica.
Contenuti Rai (documentari, prodotti formativi, podcast, interviste) supportati da consulenze scientifiche italiane, sono a disposizione di docenti e studenti. Il risultato è che il solo sito di RaiScuola nel mese di Marzo ha raggiunto le 600mila visualizzazioni giornaliere e superato 10 milioni di pagine viste. Usare con più dinamismo il telecomando del proprio televisore o il mouse del pc o il dito sul tablet, farebbe scoprire a molti critici un mondo Rai che non immaginano.
Lo sforzo che sta facendo l'azienda è straordinario, ma il gap tecnologico e di competenze digitali evidenziato dai dati Istat, chiama il servizio pubblico a una nuova sfida: l'adempimento del dettato costituzionale che vorrebbe il diritto allo studio uguale per tutti. Un canale Rai dedicato alla didattica a distanza può essere il naturale compimento del percorso già avviato.
La Rai non è la scuola e non può sostituirsi ad essa; né essere l'alibi per le lacune strutturali della scuola italiana in
termini di e-learning e digital divide. Ma anche nella formazione, la Rai può continuare a svolgere un ruolo fondamentale per la tenuta democratica e identitaria della nostra nazione.*Consigliere d'amministrazione della Rai
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