Qatargate

Il Pd ai "domiciliari" teme le urne tra euroscandali e fuoco amico

La sinistra vota ai "domiciliari" e nell'ora d'aria va a Sanremo. Il "caso Cozzolino" terrorizza il Partito democratico, travolto da Qatargate e scandalo tessere gonfiate

Il Pd ai "domiciliari" teme le urne tra euroscandali e fuoco amico. E Bonaccini fa il rottamatore: "Subito nuovo gruppo dirigente"

La sinistra vota ai «domiciliari» e nell'ora d'aria va a Sanremo. Il «caso Cozzolino» terrorizza il Partito democratico, travolto da Qatargate e scandalo tessere gonfiate. Il voto in Lombardia e Lazio doveva essere, nei piani di Speranza, Conte e Calenda, l'occasione per assestare la prima spallata al governo Meloni. Ed invece Pd, Terzo Polo e M5s devono accontentarsi di Fedez, Benigni e Chemical. Per la sinistra il palco dell'Ariston diventa la magra consolazione cui aggrapparsi. Il capogruppo alla Camera Debora Serracchiani prova a metterci il cappello: «Un festival di successo che racconta in modo intelligente e con le forme e i linguaggi talvolta provocatori dell'arte, un'Italia più avanti di chi la governa».

Non ha tutti i torti. Fuori dall'Ariston, nel Paese, la realtà per i democratici è dura: Qatargate, Marocco-gate, brogli alle primarie e una prevedibile sconfitta nelle urne. Ma soprattutto lo smacco per un partito, il Pd, che affronta la competizione elettorale con la macchia di un europarlamentare, Andrea Cozzolino, messo agli arresti domiciliari, dopo una notte in carcere, con l'accusa di essere tra i protagonisti del giro di corruzione tra i governi di Marocco, Qatar e Parlamento europeo. Ovviamente, sono accuse tutte da dimostrare. Ma l'impatto mediatico è devastante. Una condizione quasi unica per la sinistra che rivendica da sempre una presunta superiorità morale. L'immagine di Cozzolino che varca i cancelli di Poggioreale è un dramma. È un incubo che rincorre il Pd nel giorno del voto.

Sul fronte giudiziario il giudice ha concesso all'europarlamentare due ore di libera uscita. Ma ieri Cozzolino è rimasto rintanato nella sua abitazione al Vomero, quartiere di Napoli. Un'altra mazzata contro il Pd arriva da Franco Roberti, ex capo della Procura nazionale antimafia e oggi europarlamentare del Pd, che in un'intervista al Mattino squarcia il velo: «Nel partito ci sono zone di opacità, c'è una questione morale da affrontare». L'ex pm è ancora più duro, ricordando gli anni dei Ds: «Le tessere a Caserta erano gestite da affiliati ai casalesi». Parole che pesano come un macigno sulla storia della sinistra e che arrivano quando è già calato il silenzio elettorale. Alle accuse, gravissime, lanciate da Roberti nessun big replica. Nessuno, da Boccia a Franceschini, contesta l'affondo dell'ex magistrato antimafia. Silenzio che conferma il momento nero.

Bonaccini guarda già oltre il voto: «Dovremo velocemente costruire un nuovo gruppo dirigente, tornare di più sul territorio. Serve un nuovo gruppo dirigente, veniamo da troppi anni di sconfitte, ed è giusto cambiare. Serve una nuova squadra molto motivata». Lo stesso fa Francesco Boccia, coordinatore della mozione Schlein: «Il congresso farà finalmente chiarezza sulla linea politica. Non si può essere una cosa e il suo opposto». Il Pd cerca, dunque, di dribblare la grana Cozzolino. Ma il fantasma si aggira nelle stanze del Nazareno. Le regionali saranno solo una prova di forza tra i partiti di opposizione. Il Terzo Polo punta al colpaccio in Lombardia: Renzi e Calenda sognano il sorpasso al Pd. Nel Lazio è Conte che vuole completare l'opa sulla sinistra. In gioco c'è la leadership dell'opposizione. Conte, Calenda e Bonaccini: tre nomi per una poltrona.

Tre nomi che proveranno a tirare fuori la sinistra dai domiciliari.

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