Il Pd scappa dall'Isola e si rifugia in televisione Renzi: ok, sfido Di Maio

Il segretario è a Chicago, la Boschi a Tokyo I big del partito in fuga dalla sconfitta certa

Il Pd scappa dall'Isola e si rifugia in televisione Renzi: ok, sfido Di Maio

Sembra che la preoccupazione dei big del Pd sia stata di mettere più chilometri possibile tra loro e la temuta disfatta alle regionali di domenica in Sicilia. Matteo Renzi è stato ben felice di volare a Chicago per l'invito della Fondazione di Barack Obama, dopo aver concesso solo un'ora, venerdì scorso a Catania, al suo candidato governatore Fabrizio Micari. Anche se ora, sfidato con un tweet dal candidato premier del M5s, Luigi Di Maio, deve accettare un confronto pubblico in tv dopo il voto in Sicilia, il 7 novembre. Il faccia a faccia è figlio di una sorta di duello rusticano a mezzo web che impegna la giornata dei due leader. Comincia Di Maio: «Non è una fake news: Matteo Renzi ha un accordo per spartirsi la Sicilia e l'Italia con Berlusconi. Voglio un confronto tv dopo il 5. Ci stai?». Renzi risponde poco dopo: «Ok Di Maio, mi va bene martedì 7». Segue un tira e molla su quale sarà la trasmissione e la rete. Di Maio propone DiMartedì, il talk show su La7 di Giovanni Floris, Renzi dice di preferire la Rai «che è dei cittadini». Si offre il servizio pubblico, Carta bianca di Bianca Berlinguer e Porta a Porta di Bruno Vespa. Il tasto del telecomando è in forse, ma il confronto ci sarà.

Intanto anche Maria Elena Boschi evita la campagna elettorale andando a Tokyo per il Congresso mondiale delle donne, mentre i ministri Luca Lotti e Graziano Delrio erano attesi martedì nell'isola ma hanno dato forfait per motivi di salute. Altri esponenti di spicco del governo e del partito si sono limitati a brevi comparsate. E l'alleato-ministro di Ap Angelino Alfano si è fatto vedere solo a metà ottobre.

Il fatto è che c'è odore non di risultato negativo, ma di pesante sconfitta, addirittura di un quarto posto. La divisione del centrosinistra, già penalizzato dalla gestione Crocetta, tra due candidati (Micari per i dem e Claudio Fava per Mdp-Si) può portare il Pd ad un risultato così deludente da aprire una resa dei conti con gli avversari interni di Renzi. Ecco perché dal Nazareno si cerca di dare a questo voto solo un peso locale.

Lo scontro elettorale, secondo tutti i sondaggi, si restringe al candidato del centrodestra Nello Musumeci e a quello del M5s Giancarlo Cancelleri e questo induce tutti il big dem alla fuga. Se nel 2012 il Pd era al 13,4% e con la lista Crocetta arrivava a circa il 20, ora potrebbero portare a casa addirittura un misero 10. L'assenza in Sicilia del leader pesa, anche se per Ettore Rosato, Micari «non ha bisogno di essere accompagnato». Eppure il rettore, poco noto, ne aveva bisogno eccome. «Renzi? È scappato. È quello che sa fare meglio: non mettere la faccia sulla sconfitta», dice la presidente di Fdi Giorgia Meloni. In Sicilia la sinistra «non vedrà un voto» e infatti «Renzi e Boschi sono a migliaia di chilometri», fa eco il leader leghista Matteo Salvini.

Il vero problema, per il segretario dem, sono Dario Franceschini, Andrea Orlando e tutti i suoi nemici in casa, che potrebbero chiedergli conto di un risultato sconfortante. Infatti, il ministro della Giustizia su La7, nega che ci sia un «disimpegno» di Renzi in Sicilia ma trova «azzardato derubricare le elezioni regionali in Sicilia ad un fatto locale», perché «daranno qualche indicazione anche a livello nazionale». Se Micari vincesse, aggiunge, «non avrebbe la maggioranza assoluta e si dovrebbe rivolgere a Fava». Ma se «dovesse perdere, il tema di ricostruire un centrosinistra largo, si imporrebbe comunque. Non si vince soltanto con Renzi ma non si vince nemmeno senza Renzi».

Fava invece, il candidato dei bersaniani, dice di poter vincere addirittura col 30%.

«I ministri del Pd vengono qui solo 3 minuti, fanno la campagna elettorale più breve della storia repubblicana, e dicono solo: non votate Fava». Per il coordinatore di Fi Gianfranco Miccichè, la candidatura di Micari è una «fregatura di Renzi». Ma il rettore, gentile e già sconfitto, ringrazia il leader di avergli «dato questa straordinaria opportunità».

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