Pd sempre più marginale: si salva soltanto a Brescia

L'uscente Del Bono rieletto al primo turno, ma il modello è irripetibile. Martina: ripartiamo da qui

Pd sempre più marginale: si salva soltanto a Brescia

Brescia, l'ultimo fortino del Partito democratico. «Con questi numeri posso fare il segretario nazionale del Pd» scherza Emilio Del Bono, sindaco riconfermato con uno schiacciante 53,9% e il Pd a livelli che non si ricordavano neanche più, quasi il 35%, roba da Renzi del periodo d'oro.

C'è dunque un «modello Brescia» per la riscossa del centrosinistra, replicabile anche dove i Dem ora incassano batoste? Del Bono tiene i piedi per terra, «non spetta a me dare consigli al Pd ma certo gli elettori cercano un contenitore nuovo, soprattutto i moderati che sono spaventati dai toni della propaganda leghista. Ho molti amici di Forza Italia che mi hanno detto: stavolta abbiamo votato per te. Da una parte la Lega ha cannibalizzato il centrodestra, dall'altra l'alleanza di governo col M5s ha portato gli elettori di sinistra di Cinque stelle a votare noi». Il Movimento 5stelle in effetti è passato dal 18 al 5% in tre mesi, Forza Italia si è dimezzata, voti che se non sono finiti nell'astensione (al 43%, mai così alta nella storia delle comunali bresciane) sono andati al Pd. Nell'analisi dei flussi dell'Istituto Cattaneo si rileva anche una piccola quota (2,1%) di elettori leghisti passati al centrosinistra.

Brescia ha la sua specificità: lunga tradizione democristiana e poi di sinistra cattolica (volgarmente detta cattocomunista), a cui appartiene appunto Del Bono, ex Dc poi Partito Popolare quindi Margherita e Pd. A parte una stagione di centrodestra, la città è sempre stata di centrosinistra. In città la curia ha un peso, ed è pro-migranti, il tema su cui il centrodestra ha picchiato molto duro in stile salviniano. Ma Brescia è anche industria e poteri economici, tra le prime province industriali in Europa. E gli industriali guardano al Pd: «I poteri economici in senso lato sono stati tra coloro che hanno molto apprezzato l'amministrazione Del Bono», spiega Alfredo Bazoli, deputato Pd, nipote del banchiere di Intesa San Paolo ed esponente della Brescia che conta. «Le imprese bresciane sono l'indotto della grande industria europea, tedesca, e guardano con grande timore ai ventilati cambi di direzione rispetto all'Europa» spiega il sindaco Del Bono.

Hanno apprezzato Calenda, mentre l'idea di abolire la Fornero o di stoppare le infrastrutture come minaccia il M5s è una prospettiva da incubo per loro. Tutti elementi che spiegano l'anomalia bresciana del Pd stravincente. A cui aggiungere anche il voto di circa 7mila elettori (gli aventi diritto sulla carta) di origine straniera.

Ma il quadro generale, tolta Brescia, non è affatto roseo per il Pd. Che perde Vicenza, Catania, Terni, rischia ai ballottaggi in città dove ha sempre vinto come Ancona, Pisa, Avellino E Massa. Il centrosinistra perde anche Barletta, quasi un plebiscito invece per il neo sindaco di Trapani, Giacomo Tranchida, esponente del centrosinistra che però si è presentato con una lista civica senza il simbolo dem. A Siena, città segnata dalla vicenda Monte dei Paschi intrecciata al potere cittadino del Pd, il sindaco uscente dem Bruno Valentini se la gioca sul filo di lana al ballottaggio con il candidato di Forza Italia Luigi De Mossi.

Una tornata complicata per il Pd, ma è andata peggio per il M5s. Martina vede il bicchiere mezzo pieno: «Dalle elezioni comunali sono usciti dati importanti. Sono risultati su cui possiamo costruire la nuova stagione del Pd e del centrosinistra».

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