Tito Boeri non può varare leggi, ma - dal vertice dell'ente più potente della Pubblica amministrazione - qualche sfizio se lo può permettere. Ad esempio creare un percorso ad ostacoli che rende più difficile arrivare alle pensioni - privilegiate come i lettori del Giornale sanno bene - di politici e sindacalisti.
La novità - scovata ieri dal Messaggero - è una circolare dell'ente previdenziale alle sue strutture centrali e periferiche a proposito di «contributi figurativi per periodi di aspettativa fruita per incarichi politici o sindacali».
Le leggi sono note e rodate. Ma, come spesso accede per il mondo della politica e del sindacato, i margini di interpretazione sono molto ampi. L'Inps ha deciso di restringerli al massimo.
In sintesi, il sistema funziona così. In caso di aspettativa non retribuita per motivi sindacali, il rapporto di lavoro si interrompe ma la posizione previdenziale del sindacalista o del politico viene tutelata grazie a dei contributi figurativi.
Non vengono pagati, ma sono calcolati ai fini della pensione sia per l'anzianità sia per il calcolo della rendita. Comunque sono pagati dai contribuenti.
Un trattamento riservato ai sindacalisti, parlamentari (nazionali ed europei), consiglieri regionali, sindaci. Per alcuni, ad esempio i consiglieri regionali, i contributi a carico dei lavoratori, non sono figurativi e devono essere versati.
La circolare dell'istituto di previdenza mette dei paletti precisi sul rinnovo dell'aspettativa. I sindacalisti, ad esempio, dovranno presentare una domanda di accredito dei contributi figurativi ogni anno. Il tacito rinnovo vale solo per chi ha cariche pubbliche. Per questi, per contro, non basterà l'invio della documentazione da parte del Parlamento, del Comune o del Consiglio regionale, ma deve essere manifestata la «chiara e univoca volontà dell'interessato».
Poi gli uffici dell'Inps dovranno controllare che l'atto di assunzione di chi ha chiesto l'aspettativa sia scritto, datato e firmato dal datore. Non valgono le dichiarazioni «ora per allora».
È chiaramente un modo per evitare che il sindacalista o l'eletto simuli un'assunzione con un contratto «postdatato» per ottenere i contributi. Il lavoro deve essere «effettivo», compreso il periodo di prova che deve essere completato al netto di riposi e festività.
Insomma, una gimcana di adempimenti che politici e sindacalisti dovranno seguire alla lettera, cercando di non sbagliare se vogliono mantenere la pensione da lavoratori (oltre a eventuali vitalizi).
Per i cittadini costretti a subire la burocrazia, una nemesi. Per Boeri, con tutta probabilità, un colpo a due categorie che non ama, ricambiato.
Poche settimane fa aveva chiesto il ricalcolo delle pensioni dei sindacalisti in distacco dalla Pubblica amministrazione (un altro istituto i cui costi ricadono tutti sul datore, che in questo caso è lo Stato). Sono note le bordate del presidente dell'Inps contro i privilegi previdenziali dei politici. Per entrambi, d'ora in poi, ci sarà perlomeno il fastidio di qualche controllo in più.
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