Pensioni, Boeri si iscrive al partito delle tasse: "Sì a contributi più cari"

Il presidente dell'Inps vuole aumentare il costo dei lavori usuranti per le aziende

Pensioni, Boeri si iscrive al partito delle tasse: "Sì a contributi più cari"

Tito Boeri controcorrente. Mentre tutti, in Italia e fuori, cercano di abbattere il carico fiscale e contributivo sul lavoro, il presidente dell'Inps propone di aumentare il costo del lavoro per alcune categorie. Ieri, in occasione di un convegno «VisitInps: un anno dopo», Boeri ha detto che «è giusto che i datori di lavoro» dei dipendenti che fanno lavori usuranti e che «comportano rischi per la salute e un tasso di mortalità più alti si facciano carico» del problema e non «lo scarichino interamente sulla collettività», pagando «contributi più» alti».

I lavori usuranti sono una delle poche categorie ad avere conservato il diritto ad andare in pensione con requisiti meno pesanti. La tesi di Boeri è che queste differenze devono essere pagate dai datori di lavoro. Le aziende dovrebbero farsi carico, attraverso i contributi extra, anche dell'assistenza. Se il suo appello fosse raccolto, diventerebbe più costoso fare lavorare un dipendente nella costruzione di una galleria, nelle cave, nella produzione del vetro, costruzioni e riparazioni navali, alcuni lavoratori notturni, alcuni autisti di camion e così via.

A fare scattare l'allarme all'Inps è l'ipotesi di introdurre delle deroghe limitate al prossimo scatto dell'età pensionabile a 67 anni programmato nel 2019, sempre a beneficio dei lavoratori che svolgono mansioni usuranti. Boeri attacca preventivamente: «La lista delle undici mansioni usuranti per le quali si vorrebbe intervenire per ridurre l'età pensionabile su quali basi scientifiche si basa?», chiede l'economista. L'Inps può «mettere a disposizione le sue banche dati per una rigorosa analisi delle attività lavorative più gravose». I dati dell'Inps, «se combinati con i dati delle banche dati del ministero del Lavoro e dell'Inail», ha spiegato, potrebbero contribuire a identificare «le carriere lavorative che effettivamente possono produrre maggiore problemi» ed eventualmente identificare le necessarie correzioni al sistema di adeguamento automatico.

Chiaro il messaggio. L'elenco delle mansioni che saranno escluse dall'aumento a 67 anni non dovrà essere quello esistente, ma il nuovo non dovrà essere compilato dalla politica. Un appello da leggere insieme al messaggio mandato venerdì scorso, quando il presidente dell'istituto di previdenza, ha detto che c'è «solo una ragione per non adeguare l'età pensionabile alla speranza di vita: la prossima campagna elettorale».

Pronta la replica di chi nel Parlamento si batte per alleggerire l'automatismo che porterà l'età della pensione oltre i 70 anni nel giro di qualche anno. Il presidente della commissione Lavoro della Camera Cesare Damiano, esponente del Pd, ha ricordato a Boeri che l'Inps nel 2015 aveva dato disponibilità a «effettuare un approfondimento finalizzato a valutare la possibilità di diversificare il criterio di adeguamento dell'aspettativa di vita in base alle specifiche caratteristiche dell'attività lavorativa».

In sostanza si era messo a disposizione per realizzare quello che i sindacati chiedono da tempo, cioè differenziare l'età pensionabile per tutte le categorie di lavoratori. Di quei dati non c'è traccia. Questa potrebbe essere l'occasione giusta. Peccato che il passo successivo, cioè un sistema pensionistico differenziato per categorie, sarebbe troppo oneroso per l'Inps.

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