Politica

Perché Juncker è indifendibile ma le aziende non hanno colpe

Che imbarazzo passare da santo protettore di un paradiso fiscale a patrono del rigore

Monsieur Juncker si sarà mai concesso una passeggiata davanti al 5 di Rue Kroll, nel suo Lussemburgo, dove in un solo portone hanno sede 1.600 aziende? Tutto legale, sicuro, ma che imbarazzo passare da santo protettore di un paradiso fiscale a patrono del rigore. Un imbarazzo che nemmeno la muraglia di difese d'ufficio eretta ieri dalla Commissione è riuscita a dissimulare.

C'è l'argomento più populista, ma non per questo privo di fondamento, per cui da presidente della Commissione si troverà a pretendere dagli Stati membri di prestare attenzione agli equilibri delle proprie casse, mentre da premier del Lussemburgo ha tenuto a battesimo un meccanismo fiscale che ha drenato 2.000 miliardi dalle medesime casse. Ma c'è anche un altro tema scottante, più specifico e insidioso: la Commissione ha il compito di vigilare sul rispetto delle norme di concorrenza tra gli Stati, che hanno libertà di fissare regimi fiscali anche molto favorevoli alle aziende, ma non possono creare «pacchetti regalo» destinati a singole compagnie.

Ovvero, non si può accordare lo sconto ad alcuni imprenditori mentre ad altri no, altrimenti scatta la contestazione di aver concesso aiuti di Stato. È un crinale sottile su cui si muovono tutti i Paesi membri. L'Italia per anni ha avuto una tassazione molto favorevole sugli investimenti finanziari, in quanto aveva bisogno di attrarre compratori per il proprio debito pubblico. Il «Tax ruling», applicato in Lussemburgo con diverse grandi società che legittimamente approfittano della concorrenza fiscale offerta dagli Stati, si basa però proprio su accordi bilaterali con le aziende e non su norme generali. E infatti la Commissione, pur tentando una goffa difesa del proprio capo, ha annunciato che su questo punto ha chiesto informazioni al Lussemburgo (come se il tax ruling fosse stato scoperto ieri), assicurando che Juncker rimarrà super partes.

Il punto è che non basta dichiararsi neutrale a parole per esserlo nei fatti. E soprattutto per apparirlo. Con che faccia di bronzo la sua Commissione in futuro indagherà sugli aiuti di Stato di altri Paesi? A quel punto apparirà la cruda verità: che Juncker è indifendibile.

È «unfit», direbbero all' Economist , inadatto per la poltrona che occupa.

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