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La sinistra ha reso il 25 aprile divisivo

La Russa sulla Liberazione: "Nei cortei non si celebra una festa di libertà". Il Pd insorge: "Inadeguato a fare il presidente del Senato". Ma è la sinistra a dividere

Perché la sinistra ha reso il 25 aprile divisivo

C'era da aspettarselo. Era solo questione di tempo. Forse, non ce lo aspettavamo oggi. Ma che, prima o poi, uno tsunami di polemiche si sarebbe abbattuto sul centrodestra era scritto sin dallo scorso 25 settembre. Ma, tutto sommato, è giusto (quasi meglio) che il bubbone sia esploso subito, già che siamo qui a smazzarci quotidianamente l'inutile allarmismo sul fascismo. E così, nonostante ne sia passato tanto, di tempo, ci troviamo ancora a dover fare i conti con le ombre del nostro passato: il 25 aprile e tutto il carico ideologico che una certa sinistra ci impone. È, infatti, bastata un'intervista (con un titolo fuorviante) che Ignazio La Russa ha rilasciato alla Stampa per far scoppiare il putiferio.

Nell'intervista incriminata il presidente del Senato ha detto un'ovvietà. E cioè che nei cortei che ogni anno sfilano per ricordare la Liberazione "non viene celebrata una festa della libertà e della democrazia ma qualcosa di completamente diverso, appannaggio di una certa sinistra". Sarebbe difficile sostenere il contrario. Ogni 25 aprile, in quelle piazze e in quei cortei, rivive la divisione di un Paese che, dopo quasi ottant'anni, non ha ancora imboccato la strada della riconciliazione. Una riconciliazione che la sinistra per prima sembra non volere. Lo dimostra la violenza con cui sono state strumentalizzate le parole di La Russa. I dem lo accusano di non voler celebrare il 25 aprile. E, per questo, lo accusano di non essere adeguato a ricoprire la carica da presidente del Senato. Ma la verità che nel Pd fingono di non vedere è che la divisione nasce proprio a sinistra.

Spiegava Fabrizio Rondolino una decina di anni fa sulle colonne del nostro giornale: "Nella Prima repubblica era soprattutto la sinistra a festeggiare il 25 Aprile, ma il Pci mai si sarebbe sognato di farne una festa di parte. Del resto, c’era già il Primo Maggio". Poi, però, il 1994 radicalizzò lo scontro. Arrivarono Silvio Berlusconi, il nuovo centrodestra e la ferocia dell'antiberlusconismo. E lo scontro si fece sempre più aspro. Nel 1996, nel suo primo discorso da presidente della Camera, Luciano Violante invitò il Paese a "riflettere sui vinti di ieri". "Questo sforzo - disse - aiuterebbe a cogliere la complessità del nostro Paese, a costruire la Liberazione come valore di tutti gli italiani". Ma l'antifascismo rosso tagliò dritto per la sua strada continuando la sistematica cancellazione dalla memoria della Resistenza dei partigiani che non ebbero per stella polare il comunismo. Letizia Moratti lo provò sulla propria pelle quando nel 2006 accompagnò il padre in carrozzella. Lui, che aveva patito la deportazione nel campo di concentramento di Dachau, dovette subire i fischi degli antifascisti.

Nel 2009, a Onna, fu Berlusconi a tentare nuovamente la strada della pacificazione. Ricordò il padre, "costretto ad espatriare per non essere arrestato". Ricordò i sacrifici della madre che "da sola dovette mantenere una famiglia numerosa in quegli anni difficili". E ricordò tutta quella "generazione di italiani che non esitò a scegliere la libertà, anche a rischio della propria sicurezza, anche a rischio della propria vita". Ma disse anche che bisognava ricordare anche "tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata sacrificando in buona fede la propria vita ai propri ideali e ad una causa già perduta". La strada della pacificazione, appunto. Una strada che passa anche dal fatto che a costruire la libertà furono "fra loro persone e gruppi molto diversi". "I comunisti e i cattolici, i socialisti e i liberali, gli azionisti e i monarchici, di fronte a un dramma comune, scrissero, ciascuno per la loro parte, una grande pagina della nostra storia - sottolineò l'allora premier - una pagina sulla quale si fonda la nostra Costituzione, sulla quale si fonda la nostra libertà".

Oggi il Pd, l'Anpi e i soloni dell'antifascismo dovrebbero riprendere in mano il discorso di Berlusconi. Li aiuterebbe a capire che la piazza del 25 aprile non è a loro appannaggio. Finché sarà così, finché ci saranno forme di discriminazione, finché sarà una commemorazione di parte, non ci sarà spazio per la pacificazione. È questo il rischio di cui parla La Russa nell'intervista rilasciata alla Stampa. Con buona pace di tutti i dem che, forse fermandosi alla sola lettura del titolo, si sono fiondati a twittare scandalizzati. Oggi lo scandalo è non avere ancora una memoria condivisa.

Perché senza di essa non avremo mai nemmeno un futuro condiviso.

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