Massimo M. Veronese
Nell'epoca delle amicizie virtuali, delle lezioni di morale che valgono solo per gli altri e dell'ognun per sè e Dio per tutti se hai bisogno di qualcosa, c'è ancora chi, nella provincia che sa tutto di tutti ma si fa i fatti propri, restituisce all'amicizia la solidità delle cose autentiche e alla solidarietà tra umani la bellezza antica di un legame vero: il dolore di uno che l'indifferenza, la paura, l'ipocrisia altrui chiude dentro casa di chi soffre, che stavolta invece abbraccia nell'umanità, facendolo diventare di tutti.
Denis Fior, padovano di San Martino di Lupari, sposato con una ragazza vietnamita, aveva un figlio di otto anni, Martin, vivace e bellissimo. Era in sella alla sua biciclettina quando poco dopo mezzogiorno di un giovedì maledetto è scivolato su un pedale ed è caduto a terra. Niente di strano, indossava pure il caschetto, se non fosse che in quel preciso momento è arrivato il più innocuo e amichevole dei mezzi di trasporto: lo scuolabus del paese, con il suo carico vociante di bambini all'uscita di scuola. L'autista non l'ha visto, il colpo è stato tremendo, la morte istantanea. Lo scuolabus non doveva nemmeno passare di lì: un cantiere lo aveva deviato dal tragitto di tutti i giorni.
É morto davanti agli occhi di mamma Oahn, alla disperazione è seguito il malore da ricovero in ospedale, un altro lo ha avuto il giorno del funerale, davanti ai bigliettini e ai disegni che i bambini hanno dedicato al suo Martin, ai palloncini bianchi lasciati volare in cielo. Ma è qui, nell'abisso di un dolore che non finirà mai, che scatta qualcosa di imprevedibile e di bello negli umani indifferenti a tutto e spaventati da ogni cosa.
I colleghi dell'azienda dove lavora Denis, la Breton di Castello di Godego, nel trevigiano, un colosso nella lavorazione del marmo, dai vertici aziendali fino all'ultimo assunto, decidono non solo di autotassarsi, 2500 euro, che la famiglia Martin ha donato alla scuola materna di San Martino di Lupari, ma di regalare quattro mesi di ferie a Denis, per permettergli di stare con la moglie e il figlio rimasto di 5 anni, per cercare di ricominciare, con un gesto d'amore collettivo spontaneo e quindi più prezioso.L'azienda come famiglia, fuori da ogni retorica, come si faceva una volta. Colleghi di lavoro che vedi sempre, ma non sai chi sono, vicini e lontanissimi. Ma capaci di un calore ormai fuori commercio.
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