"Pericolo Intifada globale. L'Italia controlli i confini"

L'ex ministro dell'Interno Marco Minniti: "Scene inaccettabili. La saldatura in piazza? Migrazione da governare"

"Pericolo Intifada globale. L'Italia controlli i confini"

Marco Minniti, ex ministro dell'Interno del Pd, ex dirigente del Pci, attento osservatore di politica internazionale e oggi presidente della Medor Italian Foundation.

Onorevole Minniti, cosa è successo lunedì a Milano? Stiamo tornando agli anni Settanta?

"Siamo di fronte a fenomeni che hanno a che fare con quello che è successo in altri momenti della nostra storia. Manifestazioni con fortissima partecipazione popolare che vengono prese in mano da minoranze violente e facinorose".

Marginali?

"Queste violenze sono inaccettabili e ingiustificabili. Per varie ragioni. Perché sono in drammatica opposizione con lo spirito dell'iniziativa (che in questo caso era un'iniziativa contro la guerra e la violenza). Perché hanno colpito al cuore il senso della partecipazione popolare, espropriando coloro che volevano esprimere un loro punto di vista. E poi, terza ragione: perché la violenza politica non è mai accettabile".

Bisognava proibire le manifestazioni?

"No. In una grande democrazia è legittimo esprimere le posizioni le più radicali. C'è solo un limite: la violenza. Che cancella le idee e genera odio. Un mio amico di gioventù, un artista, ieri mi ha mandato una vignetta. C'era scritto: L'odio è l'oppio dei popoli. Parafrasando Marx".

C'è una saldatura tra anarchici e giovani arabi di seconda generazione?

"Questo lo vedremo. Per ora dobbiamo prendere atto che le violenze non hanno raggiunto quelle punte drammatiche che abbiamo visto in altri paesi. Francia e Inghilterra soprattutto".

Come mai?

"In Italia abbiamo un'immigrazione relativamente recente. Gli altri Paesi europei hanno una immigrazione più antica e radicata. E pagano il fallimento di un modello di immigrazione. Ricordiamoci che i primi attacchi del terrorismo islamico all'Europa sono stati organizzati in un quartiere di Bruxelles, Molenbeek".

In Italia le cose sono diverse?

"Noi italiani non abbiamo ancora sulle spalle il peso di modelli falliti. Dobbiamo evitare di costruire nuovi modelli sbagliati. Per questo è molto importante il governo dell'immigrazione. Servono canali legali e contrasto agli arrivi illegali e ai trafficanti di esseri umani. Se riesci a fare questo poi puoi costruire un modello nuovo e virtuoso di integrazione. L'integrazione è un pezzo fondamentale delle politiche di sicurezza. Chi meglio integra è più sicuro".

La polizia a Milano ha subito le violenze. Ci sono molti agenti feriti. Avrebbe dovuto reagire con maggior durezza?

"Innanzitutto esprimo vicinanza e solidarietà alle forze dell'Ordine. E poi le dico: le nostre forze dell'ordine non hanno bisogno di maestri. L'Italia è la numero uno al mondo nella gestione dell'ordine pubblico. Dall'estero guardano sempre al modello italiano. La lettura della piazza delle forze dell'ordine italiane è straordinaria. Teniamocela stretta questa polizia e il suo livello altissimo di competenza e di capacità".

Lei è sempre contrario a proibire le manifestazioni che si annunciano rischiose?

"Una democrazia non impedisce le manifestazioni. Le controlla. Proibire le manifestazioni sarebbe un autogol. I violenti troverebbe una giustificazione alla propria violenza. Negli anni 70 l'Italia fu l'unico paese al mondo che sconfisse il terrorismo senza ricorrere a leggi speciali e mantenendo ferma la Costituzione. E questo anche per la collaborazione straordinaria che ci fu tra due grandi partiti: la Dc che governava e il Pci che stava all'opposizione".

La guerra a Gaza sta scuotendo l'Italia?

"La carestia usata come arma di guerra, le immagini dei bambini uccisi o mutilati non lasciano indifferenti. Il dramma di Gaza sta muovendo un'onda emotiva molto forte".

Il rischio qual è?

"Che quest'onda emotiva diventi travolgente, specialmente nei Paesi arabi".

Colpa di Netanyahu?

"Lei sta parlando con un super amico di Israele. Però le dico che quando Netanyahu dichiara che non ci sarà mai uno Stato palestinese commette un errore gravissimo. Cancella un pezzo di storia del Medioriente, ed è il pezzo di storia nel quale è nato Israele".

L'effetto quale può essere?

"Una intifada globale. Nei paesi arabi può partire un'onda come nella primavera del 2011. Quelle però erano primavere animate da una speranza. Ora rischia un inverno arabo fatto di rabbia, rabbia e delusione".

L'intifada globale può colpire l'Europa?

"Sì. Quando l'Isis mise in campo la sfida per il califfato mondiale, una parte fondamentale dei suoi combattenti venivano dall'estero, non dalla Siria".

Dobbiamo fare più attenzione al mondo arabo?

"Sì. Le vicende in quei paesi ci riguardano. Non solo per un empito umanitario, che comunque non va sottovalutato, perché è un sentimento popolare. Ma per ragioni di politica generale".

L'Italia è rimasto uno dei pochi grandi paesi europei a non riconoscere la Palestina. Giusto o sbagliato?

"L' Italia non vuole che gli Stati Uniti si sentano isolati. È comprensibile. Il 26 ci sarà l'incontro tra Trump e Netanyahu. Hamas ha scritto direttamente a Trump.

Se l'incontro segnerà un cambio di approccio da parte di Netanyahu, potremmo avere, forse anche prima del 7 ottobre, una tregua e la liberazione degli ostaggi. Sarebbe un sogno per le loro famiglie. Se, invece, neanche Trump cambia Netanyahu, allora anche l'Italia dovrà assumersi le sue responsabilità".

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